“FATE PRESTO”, con queste parole, passate alla storia, apriva Il Mattino di Napoli all’indomani del tragico terremoto del 1980. Era, infatti, il 23 novembre 1980 quando la terra tra Campania e Basilicata, con epicentro in Irpinia, fu scossa da un sisma di magnitudo 6.8. Con quel titolo del giornale si volevano appunto sollecitare i soccorsi per i tantissimi cittadini coinvolti, soccorsi che, invero, furono particolarmente lenti. Le autorità si trovarono totalmente spiazzate dinanzi ad un evento di tale portata, e lo stesso Presidente della Repubblica dell’epoca, Sandro Pertini, denunciò con un discorso pubblico, dopo aver visitato i luoghi colpiti con l’ausilio di un elicottero, l’inefficienza dei servizi.
Le conseguenze di quei 90 secondi di devastazione furono pesantissime e il bilancio delle vittime e dei danni letteralmente agghiacciante. 3000 morti, 9000 feriti, oltre 300.000 senza tetto e interi comuni rasi al suolo. Non è un caso se, a 37 anni da quel giorno, per la generazione dei nostri genitori la ferita sia ancora aperta e più che mai sanguinante. Nei loro occhi si legge ancora nitidamente il dolore, e nei loro racconti c’è la rabbia e il dispiacere per quei momenti che hanno radicalmente cambiato la loro esistenza.
Al di là di questo, però, ciò che amareggia è sapere che addirittura dinanzi a quella tragedia la nostra bella e dannata Italia, oltre alla lodevole solidarietà, non si sia risparmiata note vergognose. Difatti, in tutti i fondi stanziati per la ricostruzione – con i quali pure è stato fatto tanto – non sono mancate le scandalose infiltrazioni del malaffare e della corruzione, come denunciato da più parti.
Dipoi, duole anche constatare che, nonostante il nostro Paese abbia conosciuto un evento del genere, niente o poco sia stato fatto, nei decenni successivi, in termini di messa in sicurezza e di prevenzione circa le abitazioni – tante antichissime, specie nei nostri centri storici – e le strutture di tutto lo Stivale. Ciò si rende necessario in quanto, la nostra penisola, come ormai tutti sappiamo, soprattutto lungo la fascia appenninica si contraddistingue per un’elevata sismicità e, del resto, in questi ultimi anni, purtroppo, abbiamo dovuto fare i conti con altre macerie ed altre vite spezzate. Come poter dimenticare, infatti, il terremoto de L’Aquila nel 2009, o quello nell’Emilia nel 2012, fino ad arrivare a quello devastante e feroce di Amatrice o a quello di Ischia negli ultimi mesi.
Proprio in occasione del recente sisma nel Centro Italia, la nota rivista satirica francese, Charlie Hebdo, uscì fuori con una vignetta oggettivamente orrenda, dura, non condivisibile e di cattivissimo gusto, la quale però, in fondo, celava una denuncia amarissima, sbattuta in faccia a mo’ di irrisione. Edifici costruiti o addirittura ricostruiti, praticamente, ad acqua e farina, pur di lucrare; speculatori e mafiosi per i quali noi cittadini siamo solo piatti succulenti sui quali mangiare, persino dopo una tragedia; noi uccisi dalle “solite cose all’italiana”. La vignetta, come si diceva, è orrida e fa male ma, a ben guardare, ciò che brucia davvero sulla carne è la verità in essa nascosta. Fa male, male da gelare il sangue, da spezzare i polsi, male da far vomitare…la verità fa male. Eppure riconoscerla è l’unico modo per affrontarla.
Alla luce del nostro passato, che deve sempre essere maestro, urge allora una maggiore presa di consapevolezza sulla realtà dei fatti da parte di tutti noi, per far sì che il nostro Paese sia messo in condizione di evitare altro sangue versato, altra morte. Siamo abituati a far revisionare ogni anno le nostre auto, forse è il caso di pretendere degli strumenti per farlo, in maniera obbligatoria, anche per le nostre case. A quasi quarant’anni di distanza, occorre ancora FARE PRESTO.