Ricordare dovrebbe aiutare a non ripetere.
Ricordare è un segno di vicinanza e solidarietà.
Ogni anno, in occasione della Giornata della Memoria, vengono pubblicati nuovi libri, nuove testimonianze e ciò sottolinea quanto sia ancora aperta la ferita, impossibile da rimarginare e molte proposte sono indirizzate ai lettori più giovani.
Riemersi dalla notte. L’ufficio dei destini perduti e ritrovati di Élise Karlin
Nella storia individuale come in quella dell’umanità, accade talvolta che un fatto in apparenza senza importanza metta su strade del tutto impreviste. A Elise Karlin è bastato il racconto di un plico dal contenuto singolare ricevuto dal suo medico di famiglia perché in lei si accendesse l’irresistibile desiderio di saperne di più sul mittente e la sua missione. Così ha avuto inizio la sua ricerca sugli Archivi di Arolsen, un’organizzazione che, dall’autunno del 1945, oltre a cercare di far luce sul destino di milioni di uomini, donne e bambini deportati o uccisi durante il regime nazista, si mette sulle tracce degli eredi, per restituire gli oggetti quotidiani prelevati ai legittimi proprietari al momento del loro internamento. Una spilla, un pettine, qualche fotografia… cose di nessun valore materiale che si sono conservate grazie alla nevrosi amministrativa dei funzionari tedeschi e alla cura maniacale con cui compilavano i registri. Ma per Karlin questa si è rivelata anche l’occasione per ricostruire, tra le vicende di persone a lei sconosciute inghiottite dai campi di concentramento in tutta Europa, la storia della propria famiglia.
Riemersi dalla notte è il resoconto di una ricerca di verità, di una lotta per sottrarre all’oblio le vite di coloro che hanno rischiato di scomparire per sempre. Un commovente viaggio nel cuore della Storia dove le memorie vengono risvegliate, in una corsa contro il tempo per preservare il passato e onorare le vittime di un’epoca oscura.
Arrestata perché ebrea nel marzo 1944, Ginette è stata deportata nel campo di concentramento e sterminio di Auschwitz-Birkenau, dove le hanno tatuato il numero 78599 sul braccio. Unica sopravvissuta della sua famiglia, condivide con noi la sua storia e ci avverte: «Ecco dove ci porta l’odio.» Età di lettura: da 12 anni.
La lista di Kersten. Un giusto tra i demoni di Francois Kersaudy
La vera storia di Felix Kersten, il medico di Heinrich Himmler che salvò più di 100.000 vite.
Se tutti ricordano la storia di Oskar Schindler, l’imprenditore tedesco che salvò più di mille ebrei dall’Olocausto, in pochi invece conoscono quella altrettanto straordinaria di Felix Kersten. Rinomato fisioterapista specializzato in massaggio terapeutico, alla vigilia della Seconda guerra mondiale Kersten riceveva i grandi d’Europa nei suoi studi di Berlino e L’Aia: magnati della finanza, dell’industria, della politica e della diplomazia. È nel 1939 che la sua vita prende una svolta inattesa, quando gli viene chiesto di visitare Heinrich Himmler, il potente Reichsführer delle SS: il gerarca nazista, una volta scoperto il potere guaritore delle sue mani, l’unico in grado di calmare il debilitante dolore addominale che lo tormenta da anni, non potrà più fare a meno dei suoi servigi e ne farà il suo insostituibile medico personale. Da parte sua, Felix Kersten, sfruttando la fiducia e la gratitudine del fanatico carnefice, riuscirà a salvare dall’inferno nazista un numero esorbitante di prigionieri: cifre sottostimate parlano di più di centomila persone di diverse nazionalità, fra cui sessantamila ebrei. François Kersaudy, storico specializzato nella Seconda guerra mondiale, ci narra un episodio poco noto della storia del XX secolo, ricostruendolo con perizia anche grazie alla sua conoscenza del tedesco, dell’inglese, dello svedese, del danese e dell’olandese, e attingendo a importanti fonti documentali, fra cui “le liste di Kersten” e il contenuto di archivi, memorie, diari, appunti e deposizioni dei principali protagonisti. Così, sullo sfondo degli eventi bellici che condurranno i nazisti verso un’inesorabile disfatta, ci racconta una vicenda umana complessa e sorprendente in cui si intrecciano terrore, codardia, generosità, fanatismo ed eroismo, capace di tenere il lettore con il fiato sospeso fino all’ultima pagina.
Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, Judith, ragazza ebrea di 14 anni, vive in un paesino della Polonia. Non si rende ben conto di ciò che sta accadendo intorno a lei, fino a quando con la sua numerosa famiglia viene rinchiusa nel ghetto. Sarà solo il primo dei tanti soprusi che dovranno subire. Un giorno, vengono tutti riuniti davanti a una grande fossa. Mentre le persone intorno cadono, lei viene colpita di striscio. Sopravvivere a quella orribile strage per Judith ha un solo significato: dovrà testimoniare al mondo ciò che è accaduto.
Emeline nel villaggio dei giusti di Daniela Palumbo
Émeline, bambina ebrea tra le protagoniste di Le valigie di Auschwitz, è riuscita a sfuggire ai rastrellamenti di Parigi del 1942. Ma nel suo appartamento con le persiane blu non può tornare: i suoi genitori non ci sono più e i vicini di casa sono dei delatori. Per fortuna Jacques, Fabien, la tata Amandine e il suo migliore amico René sono disposti a nasconderla e a portarla in salvo. E così, dopo un lungo e pericoloso viaggio in treno, Émeline raggiunge Le Chambon-sur-Lignon, un villaggio montano dove opera la resistenza al nazismo. Lassù Émeline, insieme ad altri rifugiati come lei, cercherà di ricostruire la propria vita, con gli occhi sempre puntati verso il cielo, lo stesso cielo che spera un giorno di condividere con i suoi genitori. Durante la Seconda Guerra Mondiale gli abitanti di Le Chambon-sur-Lignon ospitarono nelle loro case tra i tremila e i cinquemila ebrei, salvandoli dalla deportazione. Nel 1990 al villaggio francese – e ai comuni limitrofi – venne riconosciuto da Yad Vashem, l’ente nazionale per la Memoria della Shoah di Gerusalemme, un attestato di merito collettivo, rendendo questo territorio un simbolo dell’impegno dei Giusti fra le Nazioni.
Oltre Auschwitz di Frediano Sessi
Bełżec, Sobibór e Treblinka, insieme a Chełmno sul Ner, furono le località prescelte per portare a termine in Europa l’eliminazione degli ebrei dell’Est. Luoghi progettati e costruiti per funzionare solo come strutture omicide, molto diversi dai Lager, perché non prevedevano nessuna possibilità di sopravvivenza. In questi campi, in cui si è compiuta la strage di oltre un milione e mezzo di ebrei, è oggi la quasi totale assenza di tracce di quanto accaduto, voluta e messa in atto dagli assassini, a parlare per i morti e a esigere giustizia. Se Chełmno, dove per la prima volta si sperimentò il disegno di un’eliminazione di massa rapida e funzionale per mezzo del gas, può essere considerato il prototipo dei centri di sterminio nazisti, perché è così difficile ricostruire cosa avvenne lì e negli altri luoghi dell’Aktion Reinhardt, il nome in codice dell’operazione di annientamento sistematico? Vi fu forse una volontà politica che preferì la rimozione e l’oblio alla memoria? Attraverso la ricostruzione delle vicende di chi incontrò la morte nei campi della Polonia orientale, dei processi che decenni dopo coinvolsero i responsabili e delle decisioni che condussero verso il baratro, Frediano Sessi restituisce un racconto esaustivo e dettagliato, ricco di documenti inediti, nell’intento di riempire questo «vuoto di parole» e di consegnarci l’enormità di quanto successo: «se si ascolta l’inquietante solitudine di questi boschi, isolati e deserti, si comprende che il monumento agli ebrei assassinati nei centri di sterminio dell’Aktion Reinhardt, a Chełmno o nelle fosse del margine nord di Majdanek, sono proprio il suolo nudo, la foresta, l’acquitrino da cui a volte spunta qualche fiore, sorto da quella terra sacra».