Poesia, musica, musica popolare, canzone classica partenopea, blues, jazz, rock, napoletano, italiano, inglese, amore, dolcezza, rabbia, irriverenza, goliardia, introspezione, analisi sociale, genialità, talento, Napoli, il mondo, l’Arte; ma l’Arte con la maiuscola, perché intesa nella sua accezione più ampia ed alta.
Vi starete forse chiedendo a cosa miri questa elencazione di parole, per certi versi, pure divergenti e, a prima vista, sconclusionata. Ebbene, per chi non lo conoscesse – cosa di per sé assurda – potrebbe sembrare incredibile eppure, in realtà, vi può essere un “file rouge” che le collega tutte perfettamente, o meglio, si può individuare una personalità che è stata capace di assommare e di far coabitare in se stessa tutti quei significati, e molti altri di più , esaltandoli ai massimi estremi e sublimandoli. Parliamo di quello che è stato, a tutti gli effetti, uno dei più grandi esponenti del recente panorama musicale partenopeo, nazionale e persino internazionale; parliamo, chiaramente, di Pino Daniele.
Era il 4 gennaio del 2015 quando, appunto, veniva a mancare, a soli 59 anni, a causa dei suoi problemi cardiaci, il grande musicista e cantautore napoletano. Una data amara la quale tuttavia, mi si consenta di dire, ha segnato solamente la perdita della dimensione terrena dell’uomo, perché, invero, quando qualcuno in vita è riuscito ad impressionare ed a distinguersi in una guisa di elevatissimo spessore, come la sua, è impossibile che periscano anche le sue intuizioni e le sue espressione artistiche ed intellettuali. E dunque, va da sé che Pino Daniele sia immortale, in quanto vive, vive in tutti coloro i quali quotidianamente lo ascoltano, magari con le cuffie per isolarsi dal mondo; vive in quanti per strada o a lavoro lo canticchiano per rilassarsi. Egli esiste, con estrema intensità, in ogni giovane che imbraccia una chitarra perché da lui ispirato, in ogni persona che in lui ha trovato e trova ancora stimoli e spunti di riflessione.
In molti, probabilmente, ricorderanno di quando, a pochi giorni dalla sua dipartita, sia stata trasmessa e diffusa la sua voce in “Napule è…”, attraverso gli altoparlanti nella metropolitana della città. A testimonianza di ciò in rete circolano ancora dei video, e sono delle immagini straordinariamente belle perché esprimono, in una misura quasi materiale, quanto sopra sostenuto, ovvero il come il musicista non sia scomparso ma continui piuttosto ad aleggiare nel quotidiano di tutti i suoi concittadini.
Del resto Napoli è una terra madre del tutto sui generis, poiché, quando i suoi figli le vogliono davvero bene e le danno lustro, Lei, poi, quando essi trapassano, rivela quella capacità enorme di consegnarli all’immortalità e all’imperitura memoria. E Pino è stato un figlio di tal genere, un figlio illustre che la sua mamma l’ha amata profondamente, raccontandola nelle sue molteplici sfaccettature, nei suoi “mille culure”. Lui, che appunto è nato precisamente dal suo ventre – da quel centro storico dove è cresciuto e si è formato –, ha saputo parlare di Napoli meglio di chiunque altro, sfruttando proprio quella che una delle massime modalità espressive della cultura partenopea, la canzone. Egli, infatti, con un estro ineguagliabile, è riuscito, attraverso la sperimentazione, a fondere in maniera superba il bagaglio della musica classica napoletana, del cantautorato del Novecento, con i nuovi linguaggi musicali provenienti dall’estero, creando una commistione fortemente innovativa, quel cosiddetto “suond napoletano”, quella – come da lui stessa definita – “tarumbò” (ovvero mescolanza tra tarantella e blues), tale da convincere mezzo mondo. Non è un caso, difatti, che dalla sua città, dal luogo dove ha mosso i suoi primi passi, il cantautore si sia poi imposto anche oltre confine, collaborando con artisti internazionali di notevole pregio. Anche se, a tal proposito, tra le numerosissime collaborazioni, accanto a tantissimi nomi di artisti, con buona probabilità le più importanti da ricordare sono quelle con gli ottimi musicisti conterranei ( Rosario Jermano, Rino Zurzolo, Tullio De Piscopo, James Senese, per citarne alcuni), ma soprattutto quella con Massimo Troisi per quanto attiene alcune celeberrime colonne sonore, come quella per “Ricomincio da tre” e come, prima fra tutte, “Quando” per il film “Pensavo fosse amore invece era un calesse”. L’attore-regista e il musicista, come in tanti possono ricordare, erano legati da un rapporto di profonda amicizia e stima, quasi come se il genio attirasse a sé il suo pari.
In ultima analisi, per concludere, ogni altra considerazione, in questa sede, risulta del tutto sterile, dato che, per giunta, quando ci si trova a trattare artisti di tale calibro ci si sente infinitamente piccoli. Non sta a noi qui sottolineare, in maniera tecnica, la sua bravura e il suo valore, considerando pure che, comunque, i suoi brani parlano ampiamente da soli. Probabilmente, l’unica nota che si può avanzare è un’esortazione, vale a dire quella di continuare ad ascoltare e a bearsi dei tanti capolavori di Pino Daniele, in modo che quella sua voce particolarissima persista, ancora e sempre, in ciò che davvero merita: il successo immortale.