15 agosto 2021: un caldo ferragosto per l’Afghanistan che ha vissuto nuovamente la conquista ad opera dei talebani.
A partire dall’annuncio del ritiro degli USA, prima da parte di Trump, e poi con la messa in atto del nuovo presidente degli Stati Uniti di America Biden, i talebani hanno trovato una scorciatoia per riconquistare la repubblica afghana e trasformarla in pochissimi mesi in un nuovo Emirato islamico, cancellando all’istante il lavoro di cooperazione internazionale che da 20 anni si adoperava in Afghanistan per una rinascita e generare una nuova società fondata sui diritti e le libertà.
La resa di Washington, seguita dalle altre forze Nato, ha lasciato soli e incapaci di fronteggiare le milizie talebane i soldati dell’esercito repubblicano seppure addestrato per ben 20 anni dagli Stati pacifisti di Occidente.
La conquista di Kabul, avvenuta appena una settimana fa, è stata una sorpresa sia per i cittadini afghani che per il mondo intero in quanto l’esercito nazionale ha smesso di difendere e lottare per la propria patria aprendo le porte del palazzo del potere ai terroristi talebani capeggiati da Abdul Ghani Baradar, vecchia conoscenza internazionale, mente operativa e strategica dei talebani all’epoca dell’offensiva americana, arrestato attraverso una operazione di intelligence di Cia e Pakistan e rilasciato inspiegabilmente su pressione di Washington nel 2018 e ora seduto sul più alto scranno imperiale promettendo un governo conciliante e inclusivo purché nel rispetto delle leggi della sharia.
La preoccupazione internazionale cresce come la gravità della situazione afghana, stando alle parole di Biden, che definiscono l’attuale fotografia del momento come un vero “pandemonio” in cui non è sicuro di riuscire a completare pacificamente le operazioni di evacuazione.
Destano, peraltro, perplessità le parole di Biden che accusano l’esercito afghano di aver rinunciato a difendere il loro paese pur avendo armi e dotazioni a disposizione e che non è più ammissibile accettare la perdita di soldati americani quando i primi a non voler lottare per i loro diritti sono proprio i soldati afghani che hanno consegnato Kabul in mano nemica.
Sentire queste parole dopo 20 anni di politica internazionale congiunta sulla cooperazione e sulla costruzione di un regime democratico e repubblicano con il riconoscimento e rispetto di diritti umani ineludibili, come la libertà di espressione, di religione, di studio, insegnando agli afghani il valore dei principi di libertà e l’esercizio dei diritti fondamentali appare come un alto tradimento alla causa stessa che genero’ l’allora ripristino dell’ordine democratico in Afghanistan.
Gli americani e con essi le altre forze della Nato hanno letteralmente abbandonato l’Afghanistan al suo destino immediatamente sconvolto dall’arrivo dei talebani e delle nuove temibili regole.
Si parla di rastrellamenti e persecuzioni soprattutto nei confronti di tutti i cooperatori, artisti, attivisti che si sono opposti al vecchio regime e che si sta cercando di mettere in salvo in un quadro confusionale dove la speranza di un soccorso umanitario e di un esodo liberatorio dei profughi verso mete che garantiscano diritti e libertà cede il posto ad un inaudito stato di caos.
L’avanzata talebana ha spinto migliaia di persone in fuga verso l’aeroporto in cerca di una salvezza sugli aerei americani per lasciare un paese in preda al terrore.
Lasciano poco spazio all’immaginazione i video che sono circolati in queste ore di un fiume disperato di persone che si aggrappano agli aerei americani e trovano la morte certa in cerca di libertà.
E come cancellare dalla mente le madri e i padri accalcati sotto al filo spinato intenti a lanciare e consegnare i propri figli ai soldati americani per dargli una speranza di vita, una via di fuga, una possibilità di salvezza.
Quale indescrivibile disperazione spinge un genitore a liberarsi del proprio figlio, ad accettare la violenza di un addio se non la paura, la paura del futuro se di futuro può parlarsi nel regime appena costituito?
A livello internazionale si rincorrono le dichiarazioni di mancato riconoscimento al nuovo Governo istituendo afghano che promette invece un emirato islamico pacifico e inclusivo.
L’Europa, nelle parole di Ursula Von Der Leyen, parla di contatti con i talebani solo finalizzati all’evacuazione degli europei e collaboratori degli europei e le loro famiglie da portare in salvo ma sono proprio i corridoi umanitari ad essersi interrotti.
E l’aeroporto preso d’assedio da giorni è ormai considerato un luogo pericoloso, così come da dichiarazioni di Biden che ha raccomandato gli americani a non lasciare le loro case e di non recarsi all’aeroporto se non tramite un contatto con l’ambasciata di riferimento poiché le minacce intorno all’aeroporto di eventuali attacchi terroristici – anche da parte dell’Isis – sono sempre più fondate.
E giungono nuove immagini dello stato di caos che regna all’aeroporto di Kabul dove diverse persone sono morte nella calca perché schiacciate o disidratate e dove, nonostante le violenze, le minacce e i soprusi, non tutti potranno trovare rifugio.
Migliaia di afghani e collaboratori stanno trovando asilo in Occidente ma la gran massa di afghani, compresi i più vulnerabili in questo momento , donne e bambini, sono lasciate al loro destino in una città che non li accoglie e li perseguita seppure nelle parole di Baradar c’è la convinzione che questa fuga non abbia senso perché i cittadini devono affidarsi al nuovo emirato, unico impero fedele alla legge islamica e non agli stranieri che, peraltro, li hanno abbandonati.
Le donne sono il vero punto dolente di questo costituendo nuovo impero: quali diritti e libertà potranno essere loro riconosciute in un paese che proclama l’attuazione estrema della sharia con tutti i divieti e le limitazioni alla libertà personale incidenti principalmente sulle donne?
Per la sharia che è considerata come un decalogo di leggi da rispettare che invadono la sfera privata e personale delle persone, concepita secoli fa in base agli insegnamenti e alle esperienze di Maometto, che non si è ancora attualizzata alla realtà, le donne devono stare in casa, non possono lavorare ne’ uscire di casa scoperte nel viso e nelle spalle, il burqa è stato obbligatorio fino all’avvento degli occidentali, eliminando ogni forma di dignità e di consapevolezza, annullando la persona e le sue unicità, le donne non possono guidare e uscire se non accompagnate da un uomo, in caso di adulterio sono sottoposte alla lapidazione e asservite al marito che può picchiarle e decidere di loro se non addirittura ricorrere liberamente alla poligamia.
Insomma per le donne afghane di profila un quadro dei diritti devastanti dove la persona si annulla per una Fede che le cancella e annienta sotto lo strapotere maschile, nonché la violenza e le limitazioni esistenziali che nessuna religione può imporre in nome di un Dio.
Nelle immagini che arrivano dal nuovo paese in subbuglio e in stato di sommossa, salta all’occhio il ripristino di vecchie abitudini, anche nel vestiario e nel look in generale. E’ scomparso qualsiasi accenno ad una vita occidentale niente jeans ne’ volti scoperti ne’ abiti occidentali; le donne quasi non si vedono e se ci sono, sono coperte viso capo e spalle dal velo islamico, anche se dalle dichiarazioni raccolte molte sono terrorizzate e barricate in casa per la paura che dal censimento in atto possano essere date in sposa a miliziani talebani perdendo ogni diritto e ogni speranza per il futuro.
Del resto, il responsabile della cultura talebana dopo un incontro coi docenti universitari ha immediatamente attuato le nuove leggi e proibito le classi miste che sono da considerarsi uno dei mali assoluti della società sia nelle università pubbliche che private e questo comporterà automaticamente l’eliminazione delle donne dal diritto allo studio.
E noi occidentali sempre pronti a sbandierare libertà, diritti umani e pace cosa stiamo facendo?
L’unica risposta drammatica è che stiamo creando muri, come in Grecia che al confine della Turchia ha eretto un muro lungo 40 km per arginare l’ondata degli afghani in fuga.
La cultura dell’accoglienza, della pace , della tolleranza, della umanità, baluardi della nuova rinascita europea dopo i conflitti mondiali, ha lasciato il posto all’indifferenza, all’insofferenza e al rifiuto dell’altro, chiusi nel recinto egoistico dei propri confini e refrattari ad aiutare chi ne ha bisogno.
La vera disumanità, però, è partita dai più alti poteri che sono scappati alla chetichella forse perché allertati dall’avanzata talebana e hanno lasciato tanti cittadini innocenti e inoffensivi nella più grande disperazione e nella solitudine di un Governo che si preannuncia spietato e persecutorio, malgrado le dichiarazioni rassicuranti di un governo inclusivo e aperto al riconoscimento dei diritti.
La fuga disperata di migliaia di cittadini sembra raccontare altro e contraddire i buoni propositi dichiarati.
La guerra civile è alle porte con i diversi tentativi di manifestazione pacifica in difesa della bandiera nazionale soppressi sul nascere attraverso – si racconta – mitragliate sui manifestanti per mano talebana e uno stato di assedio della capitale da parte dei cittadini in fuga da tutte le province già conquistate del Paese, preda di povertà e deprivazione, essendo stati bloccati tutti i conti e i bancomat per il ritiro dei propri risparmi. Un popolo affamato, disperato, oppresso, deprivato, povero, senza più dignità e diritti è la miccia esplosiva di una guerra civile che ormai si ritiene ineluttabile.
E si rincorrono le voci sulle possibili fonti di ricchezza dei talebani : droga, oppio e metanfetamine in primis ma anche saccheggi e dazi imposti sul transito di alcuni prodotti come le sigarette, senza considerare gli aiuti sottobanco da parte di paesi o finanziatori che sostengono la causa talebana.
Il punctum dolens è la fragilità di un esercito repubblicano che, seppure addestrato e istruito a fronteggiare l’avanzata di eventuali regimi dittatoriali e dotato di armi, aerei militari, carri armati e innumerevoli munizioni, ha subito l’attacco dei talebani inerte, impreparato, quasi colto di sorpresa senza combattere, se non in una piccola area Nord del paese che ancora resiste ma è questione di giorni : i talebani sanno di poterla conquistare facilmente anche perché i militari scappando hanno lasciato tutte le armi ai talebani, un vero arsenale ricco per ogni forma di attacco aria e terra, godendo appieno, ironia della sorte, dell’enorme quantitativo di armi ed esplosivi consegnati negli anni dagli americani e abbandonati dai soldati afghani e ora nelle pericolosissime mani dei talebani.
Gli USA temono ritorsioni e attacchi sotto le loro stesse armi.
Proprio il leader della controffensiva al Nord si è detto pronto a dialogare coi talebani se promettono un governo democratico e non autoritario; seppure giungono notizie su sequestri e rapimenti dei figli dei militari in rivolta come ritorsione al loro agire contro il nuovo regime, con vere e proprie incursioni nelle loro case, distrutte e saccheggiate con l’aggravante della sottrazione dei loro figli, bambini compresi.
Non possiamo prevedere cosa succederà nel nuovo Afghanistan, difficile avere prospettive rosee conoscendo l’interpretazione della sharia da parte dei talebani ma sicuramente siamo ad un punto di svolta della politica internazionale concentrata questa volta più sull‘abbandono di una missione che su una soluzione pacifista, sperando che questa nuova insurrezione talebana non porti a progettare nuovi attacchi terroristici nel mondo…visto che dal loro punto di vista i veri nemici siamo noi occidentali con le nostre idee bislacche di libertà e di diritti pur avendo in questi anni sacrificato per la causa afghana tanti e tanti cittadini innocenti inviati in pace e portati in bara nel proprio paese avvolti da bandiere tristi e disperate.
L’Italia conta ben 53 perdite di vite umane.
Sta di fatto che lo scenario internazionale è cambiato e stravolto da un nuovo modo di concepire le relazioni internazionali e forse, nonostante gli attacchi terroristici alle torri gemelle di 20 anni fa, persino gli americani da sempre registi indiscussi di guerre e pace, hanno dichiarato apertamente una resa agli estremismi e alle loro distorsioni non volendo rimetterci nemmeno più una vittima tra i propri soldati e concittadini.
È un mondo che non si apre ma si chiude, rinuncia ad essere globale e si barrica nei propri confini nazionali ergendo muri divisori e respingendo disperati e innocenti in fuga.
Forme preoccupanti di nazionalismo fanno temere storici e politologi…
speriamo restino solo piccole meteore e non dilaghino pericolosamente.
Come se il passato non ci fosse stato e se i fantasmi dell’orrore non fossero esistiti, descritti e narrati con le loro atrocità nei libri di storia e testimoniati dalla forza crudele di immagini di documentari lasciati in eredità in segno di monito perché la spietatezza umana già vista e vissuta nella nostra storia recente non si riproponga nei suoi errori ed orrori!