Castrum Novum, così era denominato Castelnuovo, per non confonderlo con le costruzioni più antiche di Castel dell’Ovo e Castel Capuano, più comunemente (ed erroneamente) chiamato Maschio Angioino. Il nome, infatti, è desunto dalla parola mastio, che era la torre principale dei castelli durante il Medioevo e fino al XVI secolo, la cui funzione era quella di difendere il resto della fortezza. La fondazione di Castelnuovo, che per la sua posizione strategica rivestì non solo le caratteristiche di una residenza reale, ma anche quelle di una fortezza, risale al 1279, sotto il regno di Carlo I d’Angiò, su progetto dell’architetto francese Pierre de Chaule. Durante il regno di Roberto d’Angiò il Castello divenne un centro di cultura dove soggiornarono artisti, medici e letterati di spicco, fra cui Giotto, Petrarca e Boccaccio. Agli Angioini successero gli Aragonesi con Alfonso I, che seguendo la scelta dei predecessori, fissò la sua dimora reale in Castel Nuovo iniziandone i lavori di ricostruzione e facendo innalzare all’esterno, fra la Torre di Mezzo e quella di Guardia, il glorioso Arco di Trionfo per celebrare il suo vittorioso ingresso nella città di Napoli. I marmi bianchi e le statue celebrano la magnifica entrata del re, circondato da cavalieri e reggitori del pallio, su una carrozza trainata dalla Fortuna. L’arco, opera dello scultore Pietro di Martino da Milano, in origine doveva essere disposto vicino al Vescovado a via Capuana, ma, a causa dei reclami di un certo Bozzuto, al quale il pezzo scultoreo avrebbe sottratto la bella vista dalle sue finestre, fu deciso di spostarlo fuori le mura, al Castelnuovo. Al di sotto dell’arco, sono disposte le porte di bronzo che danno accesso alla piazza interna della fortezza. L’opera, realizzata tra il 1462 e il 1465 dal francese Guglielmo Monaco, fu considerata magnifica per quei tempi e, per dare conferma alla teoria della eccezionnale robustezza dei battenti, da sempre si avanza l’esempio di una palla di ferro che, non potendola trapassare, vi restò chiusa nel mezzo. Si tratta di una palla di cannone calibro 12 (tuttoggi visbile in una delle massicce ante d’ingresso al maniero) mostra una direzione misteriosa: dall’interno verso l’esterno. Dal XVI secolo si discute, senza arrivare ad alcuna certezza, su come possa essere accaduto. Le porte bronzee sono composte da sei riquadri che raccontano la discesa in Italia di Giovanni D’Angiò per affermare i propri diritti, evinto dal testamento della regina Giovanna Durazzo, e sono separati da cornici sulle quali è anche raffigurato il simbolo dell’Ordine del Nodo. Le ante mostrano segni evidenti di quattro colpi di bombarda; la palla di cannone è ancora integra, conficcata nel quinto elemento, nel quadro inferiore sinistro. In tanti hanno cercato di dare spiegazioni. Una versione di ciò che sarebbe potuto succedere ricorda che, durante l’occupazione di Napoli, il 17 luglio 1495, re Carlo VIII di Francia fece caricare su dodici navi della flotta dell’ammiraglio Miolans, diretta a Marsiglia, i beni saccheggiati alla città, tra cui 200 pezzi di artiglieria, 400 botti di polvere da sparo e le fatidiche due porte di bronzo di Castelnuovo. A Genova, durante il percorso del galeone, i francese furono attaccati dai genovesi che avevano bloccato il porto di Rapallo e dall’armata navale di Francesco Spinelli detto il Moro e di Fabrizio Giustiniano detto il Gobbo. Il ricchissimi bottino fu diviso tra i due comandanti e le porte di Castelnuovo, utilizzate dai francesi come scudi durante i bombardamenti, di cui una copita da una palla di cannone rimanendo incastrata nel metallo, furono inviate a Napoli. Una questione che resta ancora oggi un mistero. Sta di fatto che la palla calibro 12 è lì da secoli.