Con l’approssimarsi della stagione estiva e delle vacanze, è partita la nuova campagna di promozione del turismo in Italia.
E per farla, l’agenzia di pubblicità al modico costo di 9 milioni di euro statali, ha scomodato niente poco di meno che la Venere di Botticelli.
Una Venere denaturalizzata, vestita in jeans, t-shirt dalla scritta discutibile e giacca di jeans, coi capelli al vento, con tanto di accessori tricolore, diviene l’immagine simbolo di questa nuova campagna.
Le polemiche sono piombate feroci da tutte le parti politiche e non, Sgarbi tra gli altri, che hanno criticato un uso strumentale e irrispettoso di un simbolo della bellezza dell’arte e della cultura che rendono l’Italia un paese unico nel suo genere dove arte e cultura e bellezze naturalistiche spesso si ritrovano a convivere insieme nelle diverse località del Bel Paese.
Scomodare la Venere di Botticelli, facendola parlare e parlare di se, promuovere e suggerire le vacanze in giro tra le bellezze paesaggistiche e artistiche-culturali, lascia senza parole perché è superfluo, ingiusto per il valore della stessa Venere da un punto di vista artistico e offensivo per il ruolo che le viene affibbiato.
Nel suo girare per l’Italia, la Venere si definisce una virtual influencer ovvero orrore su orrore.
Come si può concepire una campagna di promozione così forzata e irriverente, quasi una banalizzazione della cultura e forse una cattiva pubblicità dell’Italia che ha scontentato i più tranne la Ministra di riferimento che dice di aver sorriso di fronte a tutte le critiche che sono piovute numerose.
Immaginare che questa campagna girerà gli aeroporti di tutto il mondo per raggiungere maggiori turisti possibili fa sorridere forse di più di tutto proprio perché sembra una forzatura enorme a fronte dell’obiettivo da realizzare.
A questo punto se avevamo bisogno di una virtual influencer, perché non sono stati recuperati direttamente quelli viventi che pullulano sui social con le loro immagini e le loro gesta virtuali (per mangiare una pizza non c’era bisogno della Venere!!!) senza disturbare un’opera d’arte e svilirne la bellezza e il sogno che vi è connesso.
Quando si guarda un’opera d’arte, o si visita un museo, o si osserva un palazzo storico, o si ammirano dei quadri, si vive un’esperienza di meraviglia interiore e di conoscenza al tempo stesso che arricchisce, riempie , sazia.
Di fronte alla nuova campagna di pubblicità viene il dubbio che si sia perso il punto di vista vero e attrattivo della cultura e dell’arte per spingere l’acceleratore sui luoghi comuni del tricolore e su una voglia nazionalista di promozione.
La Venere doveva essere rappresentata ma bella così com’è nella sua essenza di meraviglia artistica in un quadro da vedere dal vivo senza l’oneroso, impegnativo e dequalificante compito di promoter influencer…bastava una voce illustrativa e un susseguirsi delle immagini delle bellezze dell’Italia senza nessuno che le spiegasse perché molte lasciano attoniti e estasiati senza alcuna necessità di parole artefatte di una Venere frutto di intelligenza artificiale e, quindi, impoverita della ricchezza maggiore dell’arte che è quella di emozionare e coinvolgere, avvolgere e stupire, conoscere e guardare con gli occhi e non solo, nel silenzio dell’osservazione estatica.
Se è vero che la promozione parte con l’intento di voler parlare a tutti, è caduta nella banalità di parlare a tutti come si fa oggi con il linguaggio dei social, dimenticando che il focus erano arte e bellezza, sminuiti alla stregua di un selfie da condividere al suon di like e cuoricini.
La Venere e l’Italia non necessitavano affatto di una approvazione social ne tantomeno di una umanizzazione assolutamente superflua e fuori luogo e tempo.
Ben più importante sarebbe stata una visibilità garbata e centrata, rispettosa e silenziosa, riflesso delle meraviglie esistenti senza irrealistiche congetture turistiche con una dea in giro per l’Italia vestita come una velina qualunque!