Sono le 16 di una calda domenica pomeriggio di primavera e, come al solito, l’ultimo giorno della settimana porta con se’ la pesantezza e la stanchezza di sette giorni di lavoro, studio e sbalzi d’uomore continui. La domenica è , per molti di noi, un giorno denso di malinconia, forse perchè non facciamo niente oltre mangiare e riposare,forse perchè ci rendiamo conto di quanto tempo è passato e di quanto ne abbiamo sprecato o forse perchè, semplicemente, domani è lunedì. Con la testa piena di pensieri, ed una città tutta da scoprire sotto il filtro di una luce primaverile, attraverso le strade di Napoli ascoltando i nuovi brani di un’artista davvero interessante : Simone Spirito.
Per chi non lo conoscesse, Simone è un’artista poliedrico dalla personalità eclettica. Durante il corso della sua carriera, infatti, ha avuto modo esprimere la sua complessa ,quanto affascinante, visione del mondo tramite l’ausilio del teatro e della musica. Dopo anni passati a studiare e migliorare le sua abilità canore, nel 2013 ha pubblicato il suo primo EP intitolato “La luce del Mattino”.
Il 2018, però è stato l’anno della svolta : il 4 gennaio è uscito il debut album “Eppur Simone” i cui brani hanno reso il mio vaneggiare per le strade di Napoli particolarmente interessante, facendomi osservare , come fosse la prima volta, una città che conosco come le mie tasche. Come è successo già altre volte, sia per l’ultimo album de ‘la Maschera’ che per il nuovo EP di ‘ Gnut’, Napoli è un’ottimo palcoscenico per i brani di cantautori campani : il sole,la folla, il connubio tra antico e moderno, amplificano i contenuti di questi concept album rendendoli dei veri e propri diamanti grezzi.
“Eppur Simone” conta 8 brani, molto articolati sia negli arrangiamenti che nei testi: il prodotto di una base moderna/cantautorale e un cantato che spazia dell’introspezione alla descrizione di un mondo ormai privo di sorprese ma ancora capace di destare meraviglia, rende l’album un vero e proprio gioiello della musica contemporanea, capace di emozionare profondamente l’ascoltatore e di offrirgli, all’occorrenza, una spalla su cui piangere.