“L’unico suono della città era il fischio del treno..” E sin dall’incipit del romanzo il lettore viene immerso in un’atmosfera cupa, opprimente dai silenzi grevi di oscuri presagi che avvolge The Oak una cittadina, sospesa nell’ attesa immobile di un tempo che non ha avuto ancora il modo di compiersi, nell’attesa di qualcuno che deve ancora arrivare, di qualcosa che deve ancora accadere. Ed è in questa cittadina sonnacchiosa, ai confini della riserva indiana Navajo che alla fine i frammenti di uno specchio mandato in frantumi anni prima si ricomporranno anche se l’ immagine riflessa non sarà nè potrà essere più quella di allora. E’ da questa città che era partito, recidendo brutalmente le proprie radici, l’ affascinante Jim MkKenzie, un mezzosangue, metà indiano, metà bianco, spinto più che dalla noia, dall’ ansia della ricerca di sé in ”un altrove”, fuggendo, come un ladro, dopo aver venduto, come Giuda, per un pugno di denaro, la felicità del suo migliore amico e della donna che amava.
Ma il destino beffardo rimescola le carte in uno sparigliamento che sa di sangue, sofferenza, per un verso, ed effimeri successi, per l’altro, e quando le scopre, esse hanno le sembianze dei quattro amici, che si ritrovano, per un imperscrutabile disegno del fato, lì nella vecchia cittadina, dalla quale tre di essi erano fuggiti, due per ambizione, l’ altro per disperazione.
Incontrarsi è lacerante, rinnova il dolore, ma anche la vergogna e Jim si trova fatalmente ad affrontare i fantasmi del suo passato, a rivivere in quello specchio in frantumi le parole che non ha saputo dire, l’ amore che non ha saputo dare, ma lo sorregge, però, la certezza, che “anche se e’ vero che le persone non cambiano, possono però ritrovarsi”
Ed egli cerca disperatamente di ritrovarsi, ribellandosi alla condanna della sua doppia personalità, emblematicamente rappresentata dal doppio colore dei suoi occhi, uno verde ed uno nero e di riscattarsi nella dolorosa confessione all’ amico del suo tradimento, nel rinnovato amore per la donna che aveva lasciato e nell’oscuro e ancora confuso sentimento di paternità per quel bimbo sconosciuto, tuttavia così simile a lui, ma poi il suo desiderio si annulla nella dolorosa scoperta che non vi può essere futuro per lui, o meglio non vi può essere futuro per coloro che egli ama, se non col suo estremo sacrificio, incontro al quale egli va con il coraggio, tramandatogli dai suoi avi indiani
Faletti ha creato una storia sospesa tra thriller e soprannaturale, prendendo spunto dalle antiche leggende dei Natives per narrare di una serie di orribili ed inspiegabili omicidi che funestano la sonnacchiosa cittadina di The Oak, proprio in coincidenza dell’ arrivo di Jim, inspiegabili perchè senza movente e orribili perchè le vittime muoiono, tra atroci sofferenze, con le osse integralmente frantumate
La prosa è scorrevole e avvincente riesce a trasmettere al lettore una sensazione mista di pathos e malessere; interessante, poi, anche se inevitabilmente approssimativa l’ incursione “storica” nella civiltà dei Natives con la descrizione dei loro rituali.
Concludendo, è un buon libro, ben scritto. Indubbiamente l’ autore avrebbe potuto essere più conciso, la prosa, sia pure minuziosamente descrittiva, non è mai ridondante o noiosa