Correva l’anno 1799: pieno di slanci in avanti nella cultura, nell’arte, nella conoscenza, nella scienza, nei diritti umani e sociali, nella guerra, nella politica….. forse troppi. La repressione nel sangue di questo slancio in avanti rimane altrettanto connaturata alla storia del nostro mezzogiorno: il destinatario fondamentale di ogni rivoluzione, il popolo, rimane incapace e riluttante a festeggiare e celebrare la nuova forma di governo (la neonata Repubblica di Napoli) nonchè l’occupazione francese. Il Popolo, fedele a Ferdinando IV e a quello che “o’rre” faceva per lui, tale rimane anche attraverso le tempeste rivoluzionarie che minacciano l’ordine e la consuetudine raggiunti dopo secoli di guerre, razzìe ed epidemie.
Parte integrante di questo grande momento della storia partenopea è la vicenda dell’ Ammiraglio di Sua Maestà Francesco Caracciolo, comandante in capo delle forze navali del Regno delle Due Sicilie. Tuttavia la narrazione deve partire da Palazzo Sessa a Cappella Vecchia vicino a piazza dei Martiri, sede napoletana dell’ambasciatore di Sua Maestà Britannica Lord Hamilton e di sua moglie Lady Hamilton, entrambi ufficialmente consiglieri del Re
(la “bow window” di lord Hamilton è tutt’oggi riconoscibile nell’angolo del terzo piano dell’edificio).
Erano infatti loro stessi che, dopo la sconfitta del 10 Dicembre 1798 dell’esercito Borbonico, avendo visto chiara l’imminenza dell’occupazione francese, avevano consigliato una frettolosa fuga della intera Corte verso Palermo via mare. L’Ammiraglio Caracciolo, vincolato al suo voto di fedeltà alla Corona li seguirà a breve sulla sua nave “Sannita”, non prima di aver assistito all’incendio dell’intera flotta armata del Regno delle Due Sicilie ordinato da un tracotante Ammiraglio Horatio Nelson che di Lady Hamilton era amante ufficiale e che con sè portava i pesanti interessi politici della Madrepatria nella contesa tra Regno delle Due Sicilie e Francia Repubblicana e rivoluzionaria.
Pochi giorni dopo essere partito alla volta di Palermo però L’Ammiraglio Caracciolo chiede e ottiene dal Comandante in Capo delle Forze Armate, il Principe Giovanni Acton, di mettere piede nella Repubblica di Napoli per breve tempo allo scopo di gestire gli affari personali per poi fare velocemente ritorno alla Corte a Palermo. Una volta a Napoli, nel breve giro di una giornata, al grido di “Il re ha tradito il popolo abbandonando Napoli, e tu dunque mettendoti con noi non rinneghi alcun giuramento” e fortemente spinto dal sentimento anti inglese (“gli Inglesi sono ragione di ogni rovina perché sacrificano ogni diritto al loro interesse” , si legge nelle sue missive) acuito dall’incendio della sua flotta, Francesco Caracciolo diventa il primo Ammiraglio della Repubblica di Napoli per la quale tanto si distinguerà in azioni navali di disturbo nel tratto di mare tra Ischia e Procida.
Purtroppo all’inizio di Giugno erano già arrivate chiare notizie che la fine della illuminata parentesi Partenopea del ’99 era imminente: si radunava già un armata cosiddetta “Sanfedista” capitanata dal Cardinale Ruffo e rafforzata da schiere di Briganti assoldati nei territori del regno. Al 13 Giugno questa armata è alle porte di Napoli e le navi dell’Ammiraglio Caracciolo non possono fare altro che disturbarne l’avanzata cannoneggiando, azione questa neanche minimamente sufficiente a fermare la ripresa di Napoli da parte delle forze fedeli (o pagate) dal Re.
La resa firmata da tutte le forze internazionali coinvolte permette comunque all’ammiraglio Caracciolo di ritirarsi incolume nella sua dimora di Via Santa Lucia (all’epoca una bella strada costeggiante la marina dei pescatori ) e al Re di iniziare la sua sanguinosa repressione di quella Èlite nobile, culturale e intellettuale che tanto aveva alimentato la rivoluzione. Repressione che avrebbe falcidiato il miglior frutto della intellighènzia illuminata napoletana, figlia delle migliori famiglie che il sud aveva da offrire.
L’eroe Ammiraglio che tanto aveva dato alla Corona e alla Rivoluzione veniva invece affossato nella “polvere” dei fondali del Suo golfo dall’ ennesima tracotante ingerenza politica dell’Inghilterra per mano del suo plenipotenziario Lord Horatio Nelson, il quale aveva preteso che fosse celebrato sul Ponte della Nave Minerva il processo al criminale di guerra Francesco Caracciolo: il primo dei due processi-farsa ne sanciva la condanna all’ergastolo ma Nelson – e dietro di lui soprattutto Lady Hamilton – non ancora pàgo di tale condanna, ne sanciva autocraticamente la messa a morte per impiccagione e il corpo veniva quindi gettato in mare senza cerimonia e legato a un peso che lo facesse affondare.
Il destino però aveva in serbo per il Popolo un ruolo inaspettatamente riequilibratore; la salma dell’Ammiraglio riemergeva dal fondale giusto in occasione del corteo navale che riportava il Re Ferdinando IV a Napoli con la sua corte (sull’episodio cfr: Alexandre Dumas, nè : “Il Corricolo”): il Re, inorridito a tale vista, ordinava che il cadavere fosse recuperato. La scialuppa con la salma a toccava terra prprio sulla spaggia di Santa Lucia, dove egli fu deposto tra le braccia di un venditore di frutti di mare. A questo punto gli abitanti del Borgo di Santa Lucia, che sentivano l’Ammiraglio un marinaio come loro, lo seppellivano nell’ipogeo della chiesa di Santa Maria della Catena restituendogli così quella dignità e quell’affetto di Popolo che nessuna potenza straniera avrebbe mai potuto cancellare.