Una inconsapevole ossequiosità attraversa chiunque non appena si varca la soglia della chiesa di Santa Maria della Pietà, meglio conosciuta come Cappella Sansevero. Considerata uno dei più importanti musei di Napoli, la chiesa, oggi sconsacrata, è attigua al palazzo di famiglia dei principi Sansevero. L’origine del nome è legata a una singolare leggenda, secondo la quale un uomo, ingiustamente accusato, trascinato in catene sulla via che conduceva al carcere, passò dinanzi al giardino del palazzo dei principi, nei pressi di piazza San Domenico Maggiore, invocando pietà alla Vergine Maria (da qui il nome della chiesa). Nell’attimo in cui si votò alla Beata, una parte del muro del giardino crollò, facendo emergere un dipinto in cui era ritratta la Madonna. La sua invocazione non fu invana: rilasciato in quanto ritenuto innocente, fece restaurare il dipinto e chiese che fosse costruita una lampada in argento da posizionare accanto al quadro per dargli luce eterna. Fu così che l’immagine sacra divenne meta di pellegrinaggio e di miracoli. Difatti, lo stesso duca Giovan Francesco de Sangro, primo principe di Sansevero, subì l’influsso miracoloso riuscendo a guarire da una grave malattia di cui era vittima. Per questo motivo, nel 1593 egli volle che venisse innalzata una Cappella, nel punto in cui apparve la effigie (oggi visibile sull’Altare Maggiore), sebbene soltanto nel 1613, grazie al figlio secondogenito Alessandro, furono intrapresi i lavori di fondazione come cappella funebre dei membri della famiglia. I lavori verranno poi sospesi nel 1642 e ripresi solo nel 1744 da Raimondo de Sangro, VII principe di Sansevero.Raimondo de Sangro fu un esponente del primo Illuminismo europeo, un personaggio di grande spessore di questo periodo settecentesco. Fu, infatti, un provetto alchimista, anatomista, esoterista, nonchè prolifico letterato e inventore. Su di lui si suole far emergere una moltepicità di leggende e storie che lo ritraggono come un fautore accanito di sperimentazioni nei più disparati campi delle scienze e delle arti e un acuto conoscitore del corpo umano, tanto che si racconta che abbia fatto uccidere due dei suoi servi per farli imbalsare. Con Raimondo de Sangro la Cappella subì un ampliamento e diverse opere d’arte furono commissionate per arricchirla. Vi troviamo infatti numerose statue ad abbellirla (come le Statue delle Virtù), due macchine anatomiche che presentano un uomo e una donna completamente scarnificati con l’eccezionale conservazione del sistema circolatorio. Negli anni successivi il principe ingaggiò artisti di fama internazionale, Giuseppe Sanmartino, Antonio Corradini, Francesco Celebano e Francesco Queirolo. Ed è grazie ad uno di questi grandi maestri che oggi è possibile ammirare quella che è considerata una delle opere più affascinanti e profondamente suggestive del panorama artistico mondiale. A dare risonanza all’intero complesso architettonico della Cappella è la prodigiosa scultura del Cristo velato di Giuseppe Sanmartino, posizionata al centro della navata centrale. Nelle intenzioni del committente, la statua doveva essere eseguita da Antonio Corradini, che per il principe aveva già scolpito la Pudicizia. Tuttavia, Corradini morì nel 1752 e fece in tempo a terminare solo un bozzetto in terracotta del Cristo, oggi conservato al Museo di San Martino. Affidò, dunque, l’incarico di rappresentare il Cristo morto, coperto da un “sudario trasparente” al giovane artista napoletano. La grandiosità di Sanmartino sta nell’aver realizzato con minuzia assoluta i dettagli del Cristo inanime (la vena gonfia e ancora palpitante sulla fronte, i segni dei chiodi trafitti sui piedi e sulle mani, il cossato scavato e rilassato) lasciandosi coinvolgere da quel momento di profonda devozione religiosa, immortalando quell’attimo martirizzante in cui il Salvatore fu deposto dalla Croce. Il velo che ricopre il corpo di Gesù appare semplicemente poggiato su di esso; le pieghe mostrano con dovizia le ferite, i supplizi subiti, sottolineando una sofferenza profonda che colpisce in maniera compassionevole. Dinanzi a tale opera, non inferiore ad opere di spiccato valore artistico e morale come la Pietà di Michelangelo, non si può non accogliere il messaggio da essa trasmessa, un messaggio di devota commozione per il sacrificio di un uomo che si è dolorosamente mortificato per riscattare l’umanità.
Orari:
Giorni feriali: 09.30-18.30
Domenica e giorni festivi: 09.30-14.00
Ultimo ingresso consentito fino a 20 min. prima della chiusura
Chiuso il martedì