È da poco meno di una settimana che la nuova serie di Matt Groening sta “disincantando” gli spettatori, dimostrandosi interessante e al livello delle altre opere figlie del noto creatore.
Tralasciando tutte le premesse tecniche di cui abbiamo già parlato qui, andiamo ad analizzare in quattro punti in cosa ci ha preso e in cosa ci ha preso un po’ di meno.
La colonna sonora
Eccellente è una parola che forse non rende il merito necessario al tema dell’intro e a tutta la colonna sonora. Prodotta benissimo, con gli strumenti più adeguati, riesce a trasportare davvero dove vuole. Così in un attimo ci troviamo nella deliziosa catena di montaggio di elfwood, e un secondo dopo siamo invece a Dreamland, per poi finire in qualche caverna ghiacciata in cui è precipitata una delle avventure del trio. È composta in modo tale che le armonie riecheggino tra le pietre del piccolo villaggio medioevale, salgano sul castello e scorrano nella storia fino alle nostre orecchie. Perfetta per la serie, complimenti al team di Matt Groening.
I personaggi
La prima impressione riguardo i personaggi è che Groening inventa poco. Questo sicuramente perchè, dopo anni di minuziosa caratterizzazione e indagine nell’animo dei suoi personaggi – quasi come se vivessero di vita propria nella sua testa – è riuscito a trovare una formula perfetta, mai prevedibile e interessante. Così la principessa Bean somiglia un po’ a Turanga Leela di Futurama, ma la sua collocazione storica la veste di attitudini e costumi nuovi; oppure Elfo, somiglia anche lui a Fry, protagonista di futurama, ma le sue ridotte dimensioni e i pregiudizi che il mondo di Disincanto matura nel corso della serie fanno in modo che si possa scavare addirittura più a fondo e ritrovare lo stesso affetto, la stessa compassione del vecchio personaggio in una creatura che ha un nuovo mondo da raccontare. Per non parlare poi di Luci, il piccolo demone, le cui battute sono tranquillamente immaginabili con la voce e il viso metallico di Bender – arcinoto Robot di Futurama, nonchè uno dei personaggi meglio riusciti – ma che comunque rappresenta un personaggio fondamentale e per la comicità e per la trama.
La trama
Disincanto è, come abbiamo avuto modo di specificare, il tentativo di Matt Groening di esplorare l’ultima dimensione temporale a sua disposizione. Non è facile scoprire una storia interessante e originale ambientata nel medioevo: nonostante i possibili sviluppi e intrecci con la magia, con creature leggendarie e fatti storici, raccontare qualcosa di nuovo e renderlo proprio della nostra cultura è estremamente difficile. La serie, infatti, per la prima volta nella storia dei disegni dell’Americano risente molto di una trama che grava sulle spalle. Questa a volte si concretizza come spinta comica al catartico stallo dei personaggi (che devono ancora evolversi completamente, essendo solo alla prima stagione) ma a volte pecca di originalità o si realizza in scelte troppo affrettate e confuse. Per essere un primo esperimento però è decisamente godibile.
La comicità
Non è la tipica comicità di Groening. Questo è certamente influenzato dal mercato, considerando che il produttore della serie è Netflix e non si può rischiare senza considerarlo. Infatti il tipo di comicità si avvicina vertiginosamente al modello AdventureTime – che ha riscosso successo anche su Netflix – o il recentissimo Final Space, per poi tornare indietro sui suoi passi e creare un clima piacevole, e a cui siamo tutti più abituati, come quello di Futurama. In quest’ultimo caso, si comprenda la necessità di realizzare personaggi la cui formula fosse già nota al creatore, la cui autocitazione non è da considerarsi una colpa ma anzi una piacevolissima scelta.