“Quando mi domando come mai sia stato proprio io ad elaborare la teoria della relatività, la risposta sembra essere legata a questa particolare circostanza: un normale adulto non si preoccupa dei problemi dello spaziotempo, tutte le considerazioni possibili in merito alla questione sono già state fatte nella prima infanzia, secondo la sua opinione. Io, al contrario, mi sono sviluppato così lentamente che ho cominciato a interrogarmi sullo spazio e sul tempo solo dopo essere cresciuto e di conseguenza ho studiato il problema più a fondo di quanto un normale bambino avrebbe fatto.”
Il 18 aprile del 1955, veniva a mancare, a Princeton, negli Usa, Albert Einstein. Tutti sappiamo che, a livello planetario, egli è considerato il più importante fisico del XX secolo, conosciuto, soprattutto, per la formula dell’equivalenza massa-energia, E = mc2, ovvero quella che viene definita come “equazione più famosa al mondo”. I principali contributi di Einstein alla fisica furono gli studi di meccanica e elettrodinamica attraverso la teoria della relatività e la sua sfida alla fisica newtoniana attraverso la teoria quantistica. Ma i suoi lavori suscitarono una fortissima influenza pure al di là del campo strettamente scientifico, andando a toccare la filosofia, l’arte, la letteratura e innumerevoli altre discipline. Il genio tedesco, ma naturalizzato svizzero e statunitense, trasformò l’immagine dello scienziato nel ventesimo secolo; basti pensare che il TIME Magazine selezionò Albert Einstein come “Persona del secolo”, definendolo “genio, rifugiato politico, umanitario, fabbro dei misteri dell’atomo e dell’universo”.
Albert Einstein nacque il 1879, a Ulm, da una famiglia di origine ebraica e trascorse la sua infanzia a Monaco di Baviera. Tuttavia, egli terminò gli studi in Svizzera, laureandosi al Politecnico di Zurigo e qui prese la cittadinanza elvetica per assumere un impiego all’Ufficio Brevetti di Berna che gli consentisse di dedicarsi allo studio della fisica. Nel 1905, lo scienziato pubblicò tre studi teorici: il primo conteneva la prima esposizione completa della teoria della relatività ristretta; il secondo, relativo al moto browniano, destinato a confermare l’esistenza degli atomi e il terzo sull’interpretazione dell’effetto fotoelettrico, dove avanzava l’ipotesi della propagazione della luce mediante quanti discreti di energia, ovvero i fotoni. Quest’ultimo studio, nello specifico, gli valse il riconoscimento del premio Nobel, nel 1921. Nel 1916, poi, il fisico pubblicò “I fondamenti della teoria della Relatività generale”, che è considerato, a partire da lui stesso, il suo maggior contributo scientifico.
Con l’avvento del nazismo, Einstein fu costretto ad emigrare negli USA, dove insegnò all’Università di Princeton. Egli fu sempre attivo nella politica e negli affari internazionali e fu anche convinto pacifista e sostenitore di un unico governo mondiale senza bisogno di forze armate. Negli anni ’20, difatti, partecipò a numerose campagne a favore della pace e del disarmo. Tuttavia, quando Hitler salì al potere nel 1933, lo scienziato iniziò a ripensare a queste sue convinzioni. In quegli anni della Seconda Guerra Mondiale, non a caso, partecipò attivamente allo sforzo bellico, lavorando per la Marina degli Stati Uniti e, per giunta, scrivendo una lettera al presidente Roosevelt, nel 1939, nella quale gli chiedeva di accelerare lo sviluppo delle armi nucleari. Einstein prese, infatti, parte al Progetto Manhattan, per la realizzazione delle bombe atomiche, tuttavia, occorre specificare che egli non fu mai a favore del lancio ordigni nucleari sul Giappone. Ricordiamo, a proposito degli attacchi nucleari, la sua nota espressione: “L’uomo ha scoperto la bomba atomica, però nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi”.