“Malato di tormenti imprecisi, hai portato l’America in Italia nelle nostre povere case quando non c’era niente. Quelle noiosissime serate passate in casa erano rallegrate allora da questa vivacissima marionetta che parlava l’inglese. Che parlava tutti i linguaggi possibili”. Queste parole scrisse, in un necrologio, la poetessa Alda Merini quando, l’8 settembre del 2009, si diffuse la notizia della scomparsa, all’età di 85 anni, del re della televisione. Una definizione, quest’ultima, realmente calzante per un uomo che ha intrecciato la sua stessa vita con la diffusione e l’evoluzione, nel nostro Paese, di questo potente mezzo di comunicazione, fin dai suoi albori. Non dimentichiamoci, infatti, che Mike Bongiorno, il 3 gennaio del 1954, è stato colui il quale, per primo, ha inaugurato le trasmissioni del servizio pubblico in Italia, con il suo programma Arrivi e partenze. L’anno successivo, per il simpatico e amato presentatore italoamericano ci fu la consacrazione a vera e propria icona nazional-popolare, con il programma Lascia o raddoppia?, il primo grande quiz della storia della TV nostrana, andato in onda dal 1955 al 1959. Di lì in poi, la carriera di Mike fu tutta un crescendo che, dopo una serie di trasmissioni di successo, lo portò alla conduzione del celebrissimo Rischia tutto, in onda dal 1970 al 1974. Durante questo show vennero introdotte delle assolute novità, quali l’ausilio degli effetti speciali e l’accompagnamento della cosiddetta “valletta parlante”, nella persona di Sabina Ciuffini.
Nel 1977, poi, il conduttore conobbe Silvio Berlusconi, il quale, per il consolidamento delle sua azienda di emittenti televisive private, volle chiamare grandissimi professionisti, quali Corrado, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini e, appunto, lo stesso Mike Bongiorno che, proveniente dalla formazione statunitense, aveva pure un particolare fiuto per il marketing. Numerosi, dunque, furono i nuovi programmi che egli si ritrovò a presentare, fino ad un altro game show del 1989 molto apprezzato dal pubblico, La ruota della fortuna, che portò avanti per ben 3200 puntate, stabilendo un record assoluto. Nel 1991, invece, fu alla guida del varietà Bravo Bravissimo, trasmesso prima da Canale 5 e poi da Rete 4.
Presentatore dal talento smisurato, egli, chiaramente, non poteva non essere chiamato a reggere anche il timone di quello che, a tutt’oggi, è l’evento televisivo italiano per eccellenza, ovvero il Festival di Sanremo, che ha condotto per unidici edizioni.
Ma Mike Bongiorno è stato molto di più di un semplice personaggio televisivo; attraverso la sua professione, invero, ha contribuito a scrivere un pezzo della nostra storia. Nel secondo dopoguerra, in una società lacerata ma che guardava con speranza al futuro, il conduttore è stato sinonimo stesso della televisione, di quel mezzo di comunicazione che, secondo intellettuali come Pier Paolo Pasolini e Tullio De Mauro, ha contribuito, in un certo modo, all’unificazione del Paese, pure su un piano linguistico. I quiz show (o game show) di Mike hanno portato, con il suo caratteristico linguaggio semplice e diretto, la cultura anche tra le persone meno abbienti che, spesso, al ritorno del lavoro nei campi o nelle fabbriche, si riunivano a guardare la TV nei bar dei paesi o nelle case di coloro, pochi, che potevano permettersi l’acquisto dell’apparecchio.
Con le sue espressioni celebri (prima fra tutte, la sua famosissima Allegria!), le sue gag estemporanee e le sue gaffe (alcune appositamente studiate altre, come quella della signora Longari e l’uccello, frutto di leggende), il mattatore televisivo è stato un vero fenomeno, tanto che pure Umberto Eco, nel 1961, su di lui concentrò un saggio dal titolo “Fenomenologia di Mike Bongiorno”.
In occasione dei dieci anni dalla sua scomparsa, ieri sera, sia Rai 1 che Canale 5 hanno dedicato a lui la programmazione. Si è partiti con Allegria, a cura di Vincenzo Mollica, in cui Fiorello ha raccontato il suo amico, che spesso ha imitato in maniera ironica e geniale; poi si è passati a Techetecheté che ha ripercorso i momenti salienti della sua carriera, fino ad arrivare ad Allegria Allegria Allegria, condotto da Bruno Vespa, in cui, per la prima volta, sì è registrata una sorta di “staffetta” tra Rai e Mediaset, dato che vi sono stati collegamenti con Gerry Scotti negli studi di Cologno Monzese. Tra gli altri ospiti, sono stati presenti i figli e la moglie di Bongiorno.
Del resto, un grande tributo, da parte delle principali emittenti, per il re della televisione era davvero inevitabile. Oggi, senza di lui, e di personaggi del suo calibro, a nostro modo di vedere, il mondo del piccolo schermo è molto più povero, perché, il più delle volte, si tende a scollegare la leggerezza dal garbo e dalla proposta culturale e la conseguenza, spesso, è un appiattimento sulla volgarità e sulla vacuità.
Allegria! (o forse, no!)