Il calcio, si sa, è lo sport più amato e seguito non solo in Italia, ma in tutta Europa, in Sud America e, in generale, nel mondo intero. La sua origine è antichissima però si può affermare che, nella sua veste moderna, esso sia nato nell’Inghilterra del XIX secolo, con il nome di football. Solo nel nostro Paese, milioni sono i tifosi delle varie squadre che, a tutt’oggi, negli stadi e principalmente attraverso le televisioni, si lasciano animare ed emozionare da questo gioco. La massima competizione italiana, come tutti sappiamo, è la Serie A (oggi chiamata Serie A Tim per ragioni di sponsorizzazione), ma in quanti ne conoscono l’origine?
Il nostro campionato, invero, nacque nel 1898, ma fu solo il 6 ottobre del 1929 che esso assunse le caratteristiche e le modalità di espletamento arrivate fino ai giorni nostri. Nei decenni prima del ’29, infatti, il torneo aveva un’organizzazione ancora pressoché amatoriale ed era strutturato un po’ come una coppa, ovvero per gironi plurimi a base regionale e successive fasi ad eliminazione diretta. Fu, appunto, a cominciare dalla stagione 1929-1930 che venne introdotto il girone unico, cosiddetto all’italiana, con partite di andata e di ritorno, chiamato Serie A, per distinguerlo dalle competizioni minori. Le regole, ovviamente, non dobbiamo spiegarvele noi, in quanto sono esattamente le stesse di oggi, eccezion fatta per alcune piccole variazioni come, ad esempio, il fatto che, prima del 1994-95, in caso di vittoria, venissero assegnati 2 punti e non 3, oppure il fatto che, antecedentemente al 2004-05, a partecipare fossero 16/18 club e non 20. Il grande cambiamento sicuramente da sottolineare è, piuttosto, quello legato all’impatto, per certi versi molto deleterio, derivato dal mondo delle televisioni e delle loro esigenze prettamente commerciali. In passato, infatti, le partite, per tradizione, si svolgevano esclusivamente di domenica pomeriggio, alle 14.30 in periodi invernali, alle 16.30 in periodi estivi – questo anche per lasciare adeguato spazio, durante la settimana, alle gare europee, prima fra tutte, la Champions League -; negli ultimi anni, invece, è subentrata la pratica dei turni infrasettimanali, degli anticipi il venerdì e il sabato e dei posticipi il lunedì. Insomma, per le solite ragioni di profitto, neppure il famoso “perché, perché la domenica mi lasci sempre sola…” di Rita Pavone ha più senso. Senza dubbio, a tal proposito, a “snaturare”, per così dire, il calcio in generale e, quindi, pure la Serie A, è stato il fiume di denaro che ha iniziato a girare attorno allo stesso; dalle pay-TV, alle quotazioni in borsa fino all’ambito delle cosiddette calcioscommesse. Una menzione particolare, per giunta, va fatta anche agli scandali che hanno travolto il campionato italiano, specie quelli rientranti in quel fenomeno di illegalità denominato “Calciopoli”, il quale risale al 2006 e ancora sta facendo discutere.
Ritornando alla trattazione di carattere storico, come possiamo ricordare, per la squadra che, a fine stagione, ha ottenuto più punti, aggiudicandosi pertanto il titolo di “campione d’Italia”, si è soliti dire che essa abbia conquistato lo Scudetto; ciò perché, a iniziare dal 1924-25, si decise di cucire sulla divisa del club vittorioso, per tutta la stagione successiva, un distintivo con la bandiera italiana a forma di scudo. Nel 1958, su proposta di Umberto Agnelli, in aggiunta, si cominciò ad attribuire una stella per ogni dieci campionati vinti, tanto è vero che la Juventus, la squadra con più scudetti, ne può vantare 3; l’Inter, l’unica a non essere mai retrocessa in serie B e seconda per numero di trionfi nazionali, invece, ne conta una, seguita dal Milan che, a sua volta, ha una sola stella. Come si può notare, a farla da padrone nel corso degli anni e dei campionati è stato quasi sempre l’asse nordico, a riprova che, pure nel calcio, il nostro Paese è lacerato da quelle sperequazioni che si riversano negativamente sulla parte meridionale della penisola. Basti pensare che le uniche società del centro-sud che sono riuscite, in maniera più marcata, a spezzare questo andamento sono solo quelle della Roma, della Lazio e del Napoli. Altri clubs che hanno fatto la storia della Serie A per numero di partecipazioni ( come si notava, quasi tutte del centro-nord) sono, poi, il Bologna, il Torino, la Fiorentina, la Sampdoria, l’Atalanta, il Cagliari e il Genoa (primo campione d’Italia nel 1898).
Probabilmente, il sistema originario, quello usato dal 1898 al 1929, che prevedeva una prima fase di gironi territoriali, avrebbe potuto garantire una più equa distribuzione del campionato, con un carattere più genuino, a prescindere dalla potenza economica delle società. Tuttavia, come si diceva, purtroppo, le ragioni del mercato si sono imposte e spesso, lo affermiamo con estrema amarezza, è il dio denaro quello che detta le regole del gioco. Non è un caso che il circuito calcistico italiano, a differenza degli scorsi decenni, quando primeggiava a livello internazionale, sia decisamente regredito in un piano di secondaria importanza, proprio per via delle maggiori difficoltà economiche rispetto ad altri paesi.
Ci si consenta, dunque, con questo ricordo, di esprimere una nota di critica per la deriva alla quale si è approdati e, inoltre, pure un’inevitabile dose di nostalgia per quelle domeniche di riposo, trascorse a godersi il gioco più bello del mondo, dopo il pranzo.