“Altri pittori dipingono un ponte, una casa, una barca… io voglio dipingere l’aria che circonda il ponte, la casa, la barca, la bellezza della luce in cui esistono.”
Il 14 novembre del 1840, nasceva, a Parigi, colui il quale è considerato il padre dell’impressionismo, Claude Monet. Del resto, il nome stesso di questa corrente artistica deriva da una sua opera: Impressione. Sole nascente. Il pittore sviluppò l’amore per l’arte fin dall’adolescenza e l’incontro con Eugène Boudin, artista che già disponeva di una notevole esperienza, fu per lui assai proficuo, in quanto, grazie ai suoi insegnamenti, egli acqusì le basi per dipingere la natura e sviluppò la cosiddetta pittura en plein air. A sedici anni, Monet decise di lasciare Le Havre, paese in cui i suoi si erano trasferiti quando era bambino, e partì per la capitale francese, dove conobbe l’amico Courbet. Dopo un periodo in cui fu chiamato al servizio militare – dal quale rientrò subito in quanto si ammalò di tifo e la famiglia decise di pagare un sostituto per consentirgli pure di tornare a occuparsi di arte -, Monet, nel 1862, entrò all’accademia di Charles Gleyre. A Parigi, oltre che per le eccezionali capacità artistiche, egli si distinse anche per l’eleganza, il fascino e il successo che riscuoteva tre le signore della città. Insieme a un gruppo di amici, tra cui Camille Pissarro, Alfred Sisley, Frédéric Bazille e Pierre-Auguste Renoir ( i quali pure verranno poi idnetificati come impressionisti), Monet decise di dipingere sempre all’aria aperta, abbandonando l’atelier. La sua prima mostra venne allestita nello studio parigino del fotografo Nadar, nel 1874, quando l’artista aveva 24 anni, ma fu un fallimento. Il pittore ebbe così un difficile periodo di gravi ristrettezze economiche; le opere degli impressionisti, d’altronde, in quel periodo non venivano comprese e quindi raramente venivano acquistate. Tuttavia, egli non si arrese e continuò a dipingere, trasferendosi nel 1883, con la seconda moglie e i figli, nel piccolo paese di campagna di Giverny per poter ritrarre la natura in completa libertà. Nel 1889, finalmente, venne dato merito alla sua espressione artistica e pertanto Monet riuscì a tenere una mostra personale alla galleria Petit di Parigi, la quale gli garantì un successo tale da farlo annoverare tra i più grandi pittori francesi. Decidenendo di rimanere a Giverny, luogo che l’aveva ispirato, il francese cominciò a dipingere una delle sue famose serie che ritrae Covoni di grano. Del resto, Monet non era nuovo alla serialità nei suoi dipinti; possiamo menzionare, in tal senso, le serie delle Cattedrali, dei Pioppi ma soprattutto quella delle Ninfee. La scelta delle serie deriva dalla filosofia che è alla base della sua pittura, ovvero quella di ritrarre la natura così com’è, dunque sempre in mutamento, per catturarne la sua fugace essenza. Le Ninfee, cominciata nel 1899, è certamente l’opera che più di tutte incarna questo suo studio e questa sua tecnica. “Mi ci è voluto molto tempo per capire le mie ninfee. Le avevo piantate per il gusto di piantarle, e le ho coltivate senza pensare di ritrarle… Non si assorbe un paesaggio in un solo giorno… E poi, all’improvviso, ho avuto la rivelazione dalle fate del mio stagno. Ho preso la mia tavolozza. Da allora, non ho avuto altri modelli.”
Il pittore lavorò e dipinse anche quando la cataratta lo rese quasi cieco e morì il 5 dicembre del 1926, nel paese dove aveva deciso di vivere per poter lavorare al meglio a contatto con il paesaggio.