“Io sono stato un poeta che ha scritto un’autobiografia poetica senza cessare di battere alle porte dell’impossibile. Non oserei parlare di mito nella mia poesia, ma c’è il desiderio di interrogare la vita. Agli inizi ero scettico, influenzato da Schopenhauer. Ma nei miei versi della maturità ho tentato di sperare, di battere al muro, di vedere ciò che poteva esserci dall’altra parte della parete, convinto che la vita ha un significato che ci sfugge. Ho bussato disperatamente come uno che attende una risposta.”
Il 12 settembre del 1981, a Milano, venne a mancare uno dei massimi poeti del Novecento italiano, Eugenio Montale. In questa data, dunque, vogliamo ricordare la sua figura e la sua opera, tanto apprezzata e stimata, in tutto il mondo, da portarlo finanche a vincere il massimo riconoscimento del Premio Nobel per la Letteratura, nel 1975.
Ebbene, Eugenio Montale nacque a Genova il 12 ottobre 1896 da una famiglia benestante; ebbe, però, un’adolescenza difficile per via dei suoi problemi di salute. Dopo la Prima Guerra Mondiale, egli cominciò ad avvicinarsi al mondo intellettuale ligure, conobbe, tra gli altri, Camillo Sbarbaro. Nel 1925, poi, il poeta pubblicò la sua prima raccolta poetica sotto il titolo Ossi di Seppia, opera che ebbe un successo straordinario. Successivamente, egli firmò il Manifesto degli intellettuali antifascisti, dichiarandosi quindi contrario alla dittatura. Dal 1927, Montale si trasferì a Firenze e qui passò degli anni molto impegnati e vivaci, collaborando con importanti riviste del tempo e soprattutto dirigendo il Gabinetto Vieusseux, un’istituzione culturale fiorentina nata nel 1819. Tuttavia, nel 1938, egli venne allontanato dall’incarico dai fascisti, in quanto si rifiutò di aderire al partito del duce.
Nonostante ciò, quelli furono anni molto importanti per lui, nel 1939, pubblicò, difatti, una nuova raccolta, Le Occasioni, e conobbe Drusilla Tanzi, sua moglie e grande amore della sua vita. Dopo la guerra, Montale tornò a Firenze, dove si iscrisse al Partito D’Azione e partecipò alla vita politica che, però, presto lo deluse. Una nuova importante stagione per il ligure cominciò a partire dal 1948 quando, trasferitosi a Milano, iniziò a collaborare con il Corriere della Sera. Per questo giornale scrisse reportage di viaggio, critiche letterarie e ovviamente vati tipi di articoli molto importanti.
Come accennato, Montale esordì con Ossi di seppia, nel 1925, e passarono quasi 15 anni, perché desse alle stampe la sua seconda raccolta, Le occasioni, che costituì assieme al successivo libro La bufera e altro, il suo momento di avvicinamento all’Ermetismo. Dopo queste raccolte, Montale inaugurò una stagione completamente nuova, almeno sul piano del linguaggio e, parzialmente, dei temi, con Satura, uscito nel 1971 e replicato da altri libri successivi del medesimo stampo. Egli, in aggiunta, fu anche un eccellente prosatore, si distinse, infatti, nel genere della prosa breve o prosa d’arte con il libro La farfalla di Dinard.
Le opere di Montale sono alimentate da una riflessione, di sapore filosofico, sull’esistere umano nella storia. I motivi dominanti del primo Montale, quello di Ossi di seppia, sono il male di vivere e le lacerazioni della coscienza; il paesaggio ligure come simbolo dell’aridità; la ricerca di un varco attraverso cui ristabilire il contatto con la verità e la speranza. Nel secondo Montale, quello fiorentino delle Occasioni e della Bufera, prevalgono, invece, temi psicologici e amorosi, messi a dura prova dalla tragedia della guerra. L’ultimo Montale, quello satirico, infine, è il poeta giornalista del Corriere della Sera, che non mancò di prendere posizione contro la massificazione della società e della comunicazione.