“Adesso vi facciamo vedere noi chi sono i napoletani!”
Sono trascorsi 76 anni da quando Napoli, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre del 1943, divenne la prima città d’Europa a essersi liberata, da sola, dai nazifascisti. Quattro giorni, dal 27 al 30 settembre, passati alla Storia come le Quattro Giornate di Napoli, servirono al popolo per scacciare i nazisti tedeschi e i fascisti, tanto che quando gli Alleati giunsero, il primo ottobre del ’43, trovarono una città già liberata. Il capoluogo campano, importante porto di scambio nel Mediterraneo, a partire dal 1940, era stato ferocemente colpito dai bombardamenti angloamericani – oltre ai danni a chiese e monumenti, diverse migliaia furono le vittime – e la popolazione, tra le macerie, era ridotta alla fame. Fu in questo contesto, dunque, che nel mese di settembre del 1943, iniziarono i primi fermenti di resistenza cittadina. Dopo l’armistizio dell’8 settembre, firmato da Badoglio, e l’esautorazione di Mussolini, i soldati provenienti dalla Germania cominciarono, per ritorsione, a compiere assalti cruenti contro i cittadini e quando il 26 dello stesso mese, a Napoli, le truppe tedesche tentarono di operare dei rastrellamenti per deportare migliaia di giovani, dai 18 ai 33 anni, nei campi di lavoro oltreconfine, scoppiò un’insurrezione collettiva, una vera e propria guerriglia urbana. Armandosi di ciò che trovavano per strada e sfruttando persino mobili e oggetti di arredo, donne e uomini di ogni età, di ogni estrazione sociale e in ogni quartiere, dal centro alle periferie, scesero in strada a combattere. Significativo fu pure il contributo della storica comunità transessuale partenopea, quella dei cosiddetti “femminielli”.
Uno dei protagonisti più celebri fu il dodicenne Gennaro Capuozzo, il quale, orfano di padre che morì in guerra, già lavorava come apprendista commesso per mantenere la famiglia. Ebbene, anch’egli decise di aderire alla rivolta e insieme ad alcuni giovanissimi compagni, evasi dal rifirmatorio, fu artefice di una delle azioni più coraggiose di quei giorni: l’assalto ad un convoglio tedesco scortato da un blindato e la cattura di diversi soldati nemici. Lo scugnizzo, dotatosi di bombe a mano, si distinse nella battaglia di Santa Teresa degli Scalzi, durante la quale fu colpito da una granata nemica e morì sul colpo. Gennarino fu il più giovane caduto in combattimento durante le Quattro giornate e impressionò talmente tanto che molti di coloro che si erano barricati in casa trovarono il coraggio di prendere parte attiva nel conflitto.
Il giorno seguente, il 30 settembre, il colonnello Schöll, quello che, dichiarando lo stato d’assedio, affermò “per ogni tedesco morto saranno uccisi cento napoletani”, abbandonò la città dopo aver negoziato la ritirata con i capi dell’insurrezione, in cambio della liberazione degli ostaggi. Un ruolo importante, tanto nella negoziazione, quanto nella direzione degli insorti, ebbe Enzo Stimolo, tenente del Regio Esercito Italiano.
A Concetta Capuozzo, la mamma di Gennarino, fu assegnata una Medaglia d’oro al valor militare alla memoria di quel piccolo eroe perché egli fu “prodigioso ragazzo che fu mirabile esempio di precoce ardimento e sublime eroismo”. Ma l’avvenimento valse pure all’intera città il conferimento della Medaglia d’oro al valor militare perché “col suo glorioso esempio additava a tutti gli italiani la via verso la libertà, la giustizia, la salvezza della Patria”.
Su questa importantissima vicenda storica, della quale essere molto più che orgogliosi, consigliamo, per chi non lo avesse ancora fatto, la visione del bellissimo film, del 1962, diretto da Nanni Loy, dal titolo, appunto, “Le Quattro Giornate di Napoli”, su soggetto, tra gli altri, di Vasco Patrolini, e ispirato al libro di Aldo De Jaco, “La città insorge: le quattro giornate di Napoli”. Candidata all’Oscar come miglior film straniero, la pellicola sviluppa una trama corale, concentradosi sui personaggi più rappresentativi, tra i quali, primo fra tutti, proprio l’eroico scugnizzo, interpretato da Domenico Formato.
Insomma, Napoli città di coraggio e, come in altri momenti storici, di rivoluzione dal basso. Napoli città antifascista. Non dimentichiamolo, mai!