In uno dei momenti più terribili della storia mondiale, macchiata dalle atroci guerre del primo novecento, la situazione del Mezzogiorno d’Italia era anch’essa aggravata da una serie di lutti e rovine. Dopo che il colonnello tedesco Scholl assunse il comando assoluto imponendo lo stato d’assedio, il coprifuoco e la consegna delle armi, la città partenopea si ritrovò invasa dai nazisti, i quali la deteriorarono saccheggiandola e spargendo timore e affanno tra la popolazione. I soldati tedeschi colpirono diversi edifici, come il grande stabilimento ILVA di Bagnoli e soprattutto l’Università, data alle fiamme, sulla cui soglia la gente fu costretta ad assistere all’esecuzione di un marinaio. Nel comune stato d’animo nel quale riversava il popolo napoletano, ai limiti della disperazione causata anche dalla mancanza di cibo e acqua, nella notte tra il 27 e il 28 settembre ebbe inzio un incessante via vai fra le caserme, dove gli uomini, approfittando dell’abbandono da parte dei nazisti delle caserme e dei depositi militari (probabilmente dovuto all’idea che la popolazione non potesse insorgere contro di loro, visti gli episodi di terrore) si munirono di armi, e le abitazioni, dove le donne si recavano in cerca di viveri e indumenti. Già la sera stessa del 27 i cittadini, sollecitati dalla falsa notizia dell’arrivo degli inglesi a Pozzuoli e Bagnoli, provocarono una serie di scontri. Tuttavia, la rivolta scoppiò al Vomero e a piazza Nazionale all’alba del 28 settembre. Ragazzini di dodici, tredici, diciassette anni, studenti del liceo Sannazzaro al Vomero e scugnizzi dei quartieri popolari, si armarono per combattere contro gli invasori, in uno scenario di ribellione e rabbia. Una lotta che si vide costretta a fermare momentaneamente a causa di un violento uragano che fece sospendere gli attacchi; e nella notte, il nemico perlustrava le strade a caccia degli insorti. Il 29 settembre fu il giorno in cui l’insurrezione arrivò al culmine con l’istituzione del Comando partigiano per iniziativa di Antonino Tarsia. I combattimenti si prolungarono fino al 30, nonostante gran parte dei tedeschi si fossero ritirati, in seguito alla trattativa di resa da parte di Scholl, costretto a ordinare l’evacuazione del campo sportivo e la restituzione di 47 ostaggi, purché i partigiani garantissero l’immunità al presidio tedesco. Alla Pigna, nella masseria Pezzalunga, avvenne l’ultimo combattimento delle Quattro Giornate con scontri crudi tra i nazisti e i partigiani. Con l’arrivo dei carri armati angloamericani la città venne finalmente liberata e i tedeschi si diedero alla fuga, non prima però di vendicarsi, dando fuoco all’Archivio Storico di Napoli a San Paolo Belsito presso Nola, distruggendo la fonte primaria per la storia del Mezzogiorno dal Medioevo in poi.Le Quattro Giornate di Napoli sono l’esempio di un popolo unito, animato da una comune voglia di ribellarsi alle violenze inaudite e sollevarsi per combattere contro chi credeva che spargere il terrore potesse sottomettere chiunque. In questo, i cittadini napoletani si sono rivelati dei veri eroi, degli agguerriti combattenti in nome della libertà e della pace.