Anatoly Onoprienko è stato un serial killer ucraino, conosciuto anche con i soprannomi “La bestia dell’Ucraina” e “ Il Terminator”. È stato più precisamente uno sterminatore di famiglie; il suo modus operandi era semplice ma efficace: irrompeva nella casa delle vittime, riuniva i membri per poi sparargli con il suo fucile calibro dodici, saccheggiava l’appartamento ed incendiava il tutto in modo da non lasciare tracce.
Il suo operato mise in crisi gli abitanti di Bratcovichi e dei paesi vicini che chiesero e ottennero misure di sicurezza estreme e così, mentre duemila poliziotti partirono per una caccia all’uomo, la cittadina venne circondata da un’unità della Guardia Nazionale dotata di lanciarazzi e mezzi corazzati.
Dopo essere stato arrestato all’età di 37 anni confessò di avere ucciso 52 persone senza alcun tipo di pentimento o rimorso.
CHI ERA ANATOLY ONOPRIENKO?
Anatoly Onoprienko nasce il 25 luglio 1959 a Laski in Ucraina, la sua vita è segnata da un infanzia dolorosa e difficile. La madre muore quando lui ha appena quattro anni e all’ età di sette il padre e il fratello maggiore decidono di liberarsi di lui portandolo in un orfanotrofio.
Non si sa molto di questo periodo della sua vita ma possiamo immaginare la situazione di un istituto del genere nel ex unione sovietica dei primi anni Sessanta: la fame, la paura e le botte. Infatti, sarà questa la linea difensiva che utilizzerà il suo avvocato nel processo che lo vedrà protagonista svariati anni dopo.
Anatoly è uno di qui serial killer che “sente le voci”, si sente guidato da qualcun altro per il quale svolge un’ attività quasi missionaria, le cui motivazioni sfuggono a sé stesso e agli altri ma per la quale sente un gran senso di dovere da assecondare.
GLI OMICIDI
Il primo delitto risale al 1989 quando Anatoly incontra Sergei Rogozin nella palestra dove entrambi vanno ad allenarsi. I due diventano amici, cominciano a passare diverso tempo assieme prima e dopo gli allenamenti e non è difficile immaginare due trentenni insoddisfatti della vita e scaldati dalla vodka cercare espedienti sempre più pericolosi per incrementare le loro magre entrate. Decidono così di cominciare a rapinare le case di gente un po’ meno povera di loro.
Una notte, mentre stanno rubando in una casa isolata e fuori città, vengono scoperti dai proprietari. Anatoly e Sergei sono armati e capiscono che per non finire in prigione e far sparire le loro tracce devono uccidere tutti quelli che si trovano in casa. E così faranno: quando se ne vanno lasciano a terra due adulti e otto bambini. Da quest’episodio le strade dei due amici si dividono e Anatoly deciderà di continuare una strage solitaria.
Si susseguono così un’ infinità di famiglie che avranno la sfortuna di entrare nel mirino di Anatoly come la famiglia Zaichenko: spara ai coniugi e ai due figli, porta via un collana con crocefisso, le fedi staccando direttamente il dito dai corpi, orecchini e una quantità di vestititi vecchi. Prima di abbandonare la scena del crimine incendia la casa. Oppure ricordiamo il caso della famiglia Bodnarchuck come sempre usa il fucile sul marito, la moglie e le loro figlie di sette e otto anni, prima di andarsene, però, probabilmente si accorge che le bambine sono ancora vive, così prende un’ascia e finisce il lavoro.
LA CATTURA
Il 7 aprile 1996 Pyotr Onoprienko chiama la polizia e racconta di aver trovato nascoste in casa delle armi e di aver subito sospettato di suo cugino Anatoly, dice di averlo affrontato e cacciato di casa. Anatoly non l’ha presa bene, anzi, ha minacciato lui e la sua famiglia.
Pyotr descrive le armi trovate in casa e un fucile calibro dodici attira l’attenzione dell’investigatore. Viene formata una task force per la ricerca di Onoprienko e dopo un’ora si ritrovano dove è situato l’appartamento di Anna, una parrucchiera di Yavoriv con la quale Anatoly aveva una relazione.
Quando gli chiedono di identificarsi tenta la fuga recuperando una pistola nascosta nel gabinetto di casa, ma viene di nuovo e definitivamente immobilizzato e la pistola diventa per la polizia un’ulteriore prova, perché un’arma come quella era stata usata sulla scena di un altro crimine recente.
Onoprienko viene scortato alla centrale e viene ordinata la perquisizione dell’appartamento: in breve tempo vengono rinvenuti centoventidue oggetti, tutti provenienti dalle case di famiglie massacrate negli ultimi mesi e viene ritrovata anche l’ arma usata nelle stragi.
Il 23 novembre 1998 il tribunale di Zhytomyr dichiara che Terminator “non soffre di alcuna malattia mentale, è perfettamente in grado di intendere e di volere e il suo stato non richiede ulteriori perizie psichiatriche” e nel 1999 la giuria lo condanna a morte ma la storia non finisce qua.
L’Ucraina da tempo stava tentando l’avvicinamento all’Unione Europea e questa condanna a morte metteva un grosso punto interrogativo sulla sua possibile ammissione, per cui, su richiesta dei membri dell’Unione, la condanna di Anatoly viene prima congelata, poi trasformata in ergastolo.
L’opinione pubblica, insieme a una nutrita fetta del mondo politico, è decisamente contraria e lo stesso Onoprienko non sembra molto contento e afferma: “Ovvio che avrei preferito la pena capitale, non mi interessa avere rapporti con la gente. Se mai riuscirò a uscire di qui, ricomincerò a uccidere, ma questa volta sarà peggio, dieci volte peggio. Per me la morte non è niente, non significa niente. Per voi sono stati cinquantadue omicidi, per me sono la norma”.
Anatolij Onoprijenko spenderà il resto dei suoi giorni nella prigione di Zhytomyr, dove morirà il 27 agosto 2013 per insufficienza cardiaca all’età di 54 anni.
IL PROFILO
Terminator non è in grado di provare emozioni, come confessa egli stesso non prova nulla, non sa cosa sia empatia o senso di colpa. Nella sua attività di serial killer decide di puntare alle famiglie, quella che da bambino non è riuscito ad avere andando ad alimentare nel tempo rabbia e frustrazione verso chi ha avuto questa fortuna.
È naturalmente incline alla violenza, governato da impulsi che non riesce a gestire. Sente le voci, le stesse che prima gli hanno permesso di sopravvivere quando era solo poi gli dicono di uccidere e lui obbedisce, sono ormai il suo unico punto di riferimento.
Afferma nei riguardi del suo primo omicidio “Gli ho solo sparato. Non mi ha dato piacere, ma ho sentito questo impulso e l’ho fatto. Da allora in poi, è stato tutto quasi come un gioco governato dallo spazio esterno”.
EREDITA’
La sentenza di condanna della Bestia dell’Ucraina è stata particolarmente importante per l’ amissione all’Unione Europea divenendo cosi una sentenza storica.
Meno “storiche” si sono rilevate poi le perizie psichiatriche successivamente modificate. È sempre necessario mantenere la massima professionalità chiunque sia il soggetto esaminato. Definire un soggetto come Anatoly Onoprienko, con la sua storia. in grado di intendere e di volere è poco professionale, infondato e diseducativo. Il caso di Terminator a causa del suo forte impatto sui cittadini voleva essere punito nella maniera più severa possibile per mandare un messaggio forte ma non è disumanizzando qualcuno, non riconoscendogli i suoi limiti e le relative misure adattabili, che si insegna a non disumanizzare gli altri.