“Un giorno, due monaci zen, Tanzan ed Ekido, camminavano lungo un percorso molto fangoso e videro una giovane donna in difficoltà, era intenta ad attraversare la strada.
Il fango le arrivava fino al Kimono di seta e lei faceva un passo in avanti e due indietro.
Uno dei due monaci, Tanzan, si avvicinò alla ragazza, la prese in braccio e la portò dall’altra parte della strada.
Dopo un breve saluto, Tanzan, raggiunse Ekido e, in silenzio proseguirono il percorso per il tempio.
Dopo un cammino di cinque ore, Ekido, non riuscì più a trattenersi e si rivolse a Tanzan dicendo:
“Perché hai preso in braccio quella ragazza? Lo sai che la nostra religione non lo ammette”.
Tanzan, non si scompose e disse “vedi, io quella ragazza l’ho aiutata e l’ho deposta subito a terra. Tu te la stai portando ancora dentro”.”
Le storie Zen ci aiutano a pensare. Ci aiutano ad uscire dai nostri schemi mentali.
Ogni storia Zen può essere letta e riletta più volte e ogni volta ci può portare qualcosa di nuovo.
Ogni volta ci può condurre all’illuminazione.
Lo scopo delle storie Zen è fornire una strada che riporti al nostro vero Io, al presente, al “qui ed ora”.
Le storie zen ci consentono di comprendere in modo rapido alcune dinamiche profonde.
Ci consentono di vedere le nostre alleanze, le nostre opposizioni.
Ci consentono di ragionare sui nostri ostacoli.
Ci consentono di trovare le nostre risorse e seguire la strada per superare gli ostacoli.
Una storia Zen la si può facilmente adattare ad una situazione che si sta vivendo e il solo fatto di rappresentare simbolicamente una propria situazione attraverso una storia, crea un effetto terapeutico.
Una storia ben raccontata attiva gli stessi percorsi neuronali di una esperienza vissuta.
Ciò che serve per imparare da una storia è avere fiducia dell’inconscio.
Ciò che serve è il lasciare accadere il cambiamento.
Come fare lo spiega una storia Zen:
“Un maestro giapponese ricevette la visita di un professore, che voleva delle spiegazioni sullo Zen.
Il maestro gli servì il tè: una volta riempita la tazza, continuò a versare.
Il professore, stupito, dopo un po’, gli disse: “Si fermi, la tazza è ricolma!”.
E il maestro rispose: “Tu sei come la tazza: sei pieno di opinioni. Come posso illustrarti lo Zen se non vuoti la tua tazza?”
Alcune domande:
Quante cose non fai e poi ti rimangono dentro come schegge?
Quanti vincoli e limitazioni ti crei con le tue credenze, gli stereotipi e i pregiudizi?
Di cosa è ricolma la tua tazza?
Come fare per svuotarla?
Chi può aiutarti?
Quali scelte farai?
Cosa imparerai?
Quanto sei disposto a vuotare la tazza per cambiare vita?