La città della fuliggine.
Lasciata Amman, appena atterro a Il Cairo e percorro in taxi le strade assolate della capitale egiziana, provo a rilassarmi. I controlli in dogana sono stati stressanti, mi hanno sequestrato il liquido per la sigaretta elettronica e mi hanno anche chiesto se fosse marijuana, in più (a detta loro) avevo troppi farmaci con me -senza scatolo ma con ricetta medica- e questo mi ha fatto perdere tempo. Hanno scavato nella valigia e tra i souvenirs, provando a romperli nel caso ci fosse nascosto dentro qualcosa.
Uscito dall’aeroporto c’è stato l’assalto dei tassisti per prelevarci. Sapevo che lì erano insistenti, che vedono gli occidentali come dei bancomat umani, ma non credevo ci fosse tanta pressione e invadenza. Oltre ai tassist anche il personale dell’ albergo provava sempre a spillare soldi, spostando la valigia o aprendoci la porta, provando a venderci una gita o una passeggiata. L’addetto alle pulizie addirittura ci ha bussato in camera per avvisarci che l’indomani non sarebbe venuto a lavoro (???). Voleva la mancia. Come tutti lì!
Un continuo far finta “di fare qualcosa” e poi ti si parano davanti guardandoti le tasche nella speranza che tu estragga i soldi. Anche per strada siamo stati “inseguiti” da famiglie intere che chiedevano soldi.
Il regime religioso totalitario qui mi è sembrato più stringente rispetto alla Giordania, però molte ragazze non indossavano il velo e ci si poteva anche scambiare due parole.
Non mi sono mai sentito a mio agio o al sicuro, se non in albergo.
E la città è invivibile, lo smog annerisce i cartelloni pubblicitari, la temperatura ad agosto raggiungeva anche i 46 gradi nelle ore di punta. Sporca, caotica, pericolosa e poco illuminata di sera. I negozi in città non avevano nulla di attrattivo, sembrano vecchi di vent’ anni, a parte un centro commerciale di otto piani bellissimo. L’unico posto bello e tranquillo è il RiverNile a cui si accede pagando il corrispettivo di quaranta centesimi.
I prezzi nei ristoranti erano bassissimi, ma io non ho assaggiato quasi nulla, perché non mi fidavo di bere la loro acqua, con la quale lavavano i piatti. Pare che l’acqua egiziana contenga dei batteri per cui noi potremmo stare male. Quindi cibo cotto e acqua imbottigliata.
Le uniche due attrazioni degne di nota: Il museo egizio e le Piramidi a Giza (che si trovano in città, e non sperdute nel deserto come pensavo io). Per queste due destinazioni vale tutto il viaggio, ma una volta visitate ( il biglietto del museo costa solo 6 euro e la gita alle piramidi in auto privata 45 euro a persona) scappate via. Da visitare anche la Torre del Cairo, io avevo il biglietto prioritario senza cena. La vista vale la pena. E il prezzo è bassissimo.
Ovviamente nonostante fossimo accompagnati hanno sempre provato a venderci qualsiasi cosa
Al contesto LGBTQA+ nemmeno ci ho pensato, e mi sono ben visto da provare a chiedere o cercare un locale.
Leggete un po’ qui:
In Egitto i diritti LGBT (come alcuni diritti umani) non sono ufficialmente riconosciuti né dal partito politico al potere né dai movimenti di opposizione né tanto meno dall’opinione pubblica in generale: omosessualità e travestitismo sono fortemente stigmatizzate all’interno della società. L’omofobia, da sempre radicata e concentrata nella società, rende impossibile la vita delle persone LGBT.
Sia gay che lesbiche vengono discriminati sia dalla società che dalla loro famiglia, arrivando a ricevere aggressioni e vere e proprie minacce di morte.
I delitti d’onore non sono di conseguenza rari, soprattutto nei confronti di ragazze lesbiche, che nel migliore dei modi possono cavarsela con il matrimonio forzato per nascondere la propria omosessualità.
In altri casi si può giungere a percosse e umiliazioni, giungendo anche a terapie di conversione forzata, a concludere gli studi o anche a licenziarsi. La causa di tutto questo è da riscontrarsi sia con la mentalità conservatrice della società, che non vede tali atteggiamenti come appropriati, che dalle Istituzioni stesse, le quali, al momento, non hanno interesse nel tutelare i diritti degli omosessuali e delle persone transgender.
Nel dicembre 2020 Tony George Rizk, il fondatore della scuola tC Community Egypt, affiliata alla Chiesa anglicana, ha annunciato l’apertura del percorso di conversione (la cosiddetta “terapia riparativa”) che “avrà lo scopo di guarire le persone LGBT dalle loro dipendenze dovute al difficile vissuto infantile che le ha costrette a perdere la loro vera identità”. La scuola, spiega Rizk, “inizia il 26 dicembre, offrendo corsi personalizzati per una durata di 8 settimane”( fonte: wikip)
Su internet non ho trovato indirizzi di bar o locali gay, però pare si organizzino delle feste con i passaparola, tipo dei rave e via, oppure crociere su barche o feste private in hotel.
Devo aggiungere altro?