Il Museo e Real Bosco di Capodimonte ospita fino al 15 marzo 2022 il settimo appuntamento del ciclo “Incontri Sensibili”. Curato da Sylvain Bellenger – in collaborazione con l’associazione Amici di Capodimonte, il supporto di Luciana Berti e l’assistenza tecnica di Francesca dal Lago – il progetto espositivo racconta l’incontro tra le opere di Andrea Bolognino e quelle di Pieter Brueghel. Realizzati su carta con matita, carboncino, acquerello o acrilico diluito, ventiquattro disegni del giovane artista partenopeo dialogano con uno dei dipinti più suggestivi della collezione del Museo: la “Parabola dei ciechi” (1568) di Brueghel, esponente della Scuola fiamminga e di Anvers. Domenica 20 febbraio 2022 e domenica 13 marzo 2022 alle ore 12.00 sarà possibile, previa prenotazione online, percorrere la mostra in compagnia di Bolognino.
Andrea Bolognino, classe 1991, ha studiato la pittura all’Accademia delle Belle Arti di Napoli e di Weissensee, a Berlino. La scorsa primavera, abbiamo visto le sue opere esposte nella mostra collettiva “There is no Time to Enjoy the Sun” presso la Fondazione Morra Greco. È lì che il Direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte nota le opere del giovane artista: “Sono stato subito colpito dal lavoro di Andrea, per due specifici motivi: il talento e la scelta del linguaggio. Il disegno, una scelta coraggiosa, la forma più antica dell’arte, dal rinascimento in poi. Oggi siamo vittime di disegni più spettacolari, meno introspettive e molta meno delicatezza. Sono stato realmente colpito dalla scelta coraggiosa ed ho subito invitato Andrea e gli ho proposto di lavorare sul quadro di Brueghel il vecchio”.
Così, se Brueghel, pone al centro della mostra il tema della visione e della sua assenza, sono le opere di Bolognini a svilupparlo in chiave contemporanea riferendosi alla simulazione della rappresentazione scientifica, alla simulazione del disturbo della visione e all’ipervisione. “Il tema della cecità – racconta l’Artista napoletano – fa parte della mia ricerca artistica ormai da molto tempo. Intendo infatti il disegno come un tuffo nell’invisibilità. Un cercare di tracciare un sentiero all’interno di una caverna buia. (…) Mi sono interrogato sulle diverse e numerose problematiche della vista umana e ho cercato di sviluppare, a partire da quelle, una nuova visione che potesse comprenderle, traducendole nella forma del disegno.”
La mostra non si esaurisce nel confronto tra due interpretazioni della cecità né nel dialogo tra un colosso artistico del passato e un giovane talento. Essa cerca anche di articolare identità e differenze tra due espressioni estetiche: il disegno e la pittura. Bolognini pone la linea di demarcazione tra questi due universi nella potenza espressiva che ognuno di essi conserva: “La possibilità che ha il disegno con il bianco e nero di creare immaginari totalmente estranei alla realtà e diversi è forse quel qualcosa in più che lo differisce dalla pittura”.
Dinnanzi al maestoso trittico che chiude la mostra non si può non pensare alle parole di Sylvain Bellenger; “Di cosa abbiamo bisogno ora? Più che mai, nella storia contemporanea abbiamo bisogno di letteratura, di sensibilità, di musica, di poesia, di emozioni. (…) E questa è la migliore risposta che l’umanità può dare alla difficoltà”.