Fa parte dell’essere umano cercare un compagno con cui condividere la vita. Non per tutti è così semplice; spesso abbiamo bisogno di un aiuto poichè non è facile conoscere la persona giusta. Il senso di solitudine può portarci ad “accontentarci” della prima possibilità che ci si presenta davanti. Quello che si propone di fare Osmosis è esattamente il contrario: trovare l’anima gemella attraverso un’intelligenza artificiale.
I due fratelli Esther e Paul Vanhove sono i creatori del programma osmosis che si propone di trovare la persona giusta mediante un programma computerizzato in grado di elaborare una serie cospicua di variabili e solo dopo quel momento la palla passa all’essere umano. Immaginiamo dei nanorobot che vengono ingeriti in forma di pillola all’interno del soggetto in questione, i quali si armonizzano con il soggetto per analizzarne le reazioni.
Eppure il vero protagonista di Osmosis non è la tecnologia ma l’umanità: i meccanismi mentali, i difetti, i pregi. Il perchè a tutti i costi gli esseri umani vogliano trovare l’amore, mettendo a repentaglio la propria vita. Molti personaggi, confusamente delineati (le puntate di Osmosis sono 8, i tester 13). Più che la loro caratterizzazione sono messi in evidenza i loro problemi e le loro mancate elaborazioni.
Le intenzioni sono buone, ma ricordano in forma meno geniale l’ultimo episodio dell’ultima stagione di Black Mirror, Hung the DJ, in cui però a vincere è la volontà dell’individuo che alla fine sceglie il proprio destino.