La nostra società è basata su stereotipi e luoghi comuni: basti pensare a una città come Napoli, ricordata e conosciuta nel mondo per personaggi, cose e luoghi che l’hanno caratterizzata con il Vesuvio, Pulcinella, Maradona o la pizza. Rispetto agli anni ’90 in cui si acquistavano pochi vestiti ma di buona qualità, di recente vi è la tendenza a comprare quanti più indumenti possibile, quasi fossero un vero e proprio biglietto da visita.
Ma la quantità non fa la qualità; di fatto spesso questi abiti sono venduti a prezzi veramente irrisori e il compratore è quasi assurdamente risentito e sorpreso per la scarsa resa del suo acquisto. Tutto sembra diventare una competizione e nei giovani è comune l’esigenza di sfoggiare indumenti di marche note ed extra lusso, quasi a voler elevare la propria posizione sociale tramite l’ostentazione di brand noti per essere expensive da Gucci a Dior, da Yves Saint Laurent a Balenciaga,solo per citarne alcuni. Ciò è causa di infondato orgoglio per chi riesce a mostrarsi all’altezza economica di questi standard e causa di immotivata invidia per chi prova ad emergere ma con scarsi risultati. Di conseguenza pur di spalleggiare coloro che possono concedersi brand di lusso senza faticare troppo, molte persone trovano la soluzione nell’acquisto di abiti contraffatti.
La contraffazione è un reato che danneggia l’economia, la salute dei consumatori e l’immagine delle aziende: consiste nell’alterare o falsificare marchi o segni distintivi spacciando un prodotto falso per uno originale. Napoli è spesso definita da testate giornalistiche di rilievo “la capitale del falso” a causa delle numerose vendite di imitazioni sia tramite la vendita diretta tra acquirente e venditore sia tramite bancarelle all’interno del mercato della Maddalena, situato nel cuore della città.
Di fatto quest’ultimo è noto nel partenopeo per il clamoroso commercio di repliche quasi identiche a prodotti esposti in vetrine dei negozi più noti ed in voga per giovani ostentatori. In una società sommersa da clichè e luoghi comuni la contraffazione investe anche lo status sociale :le differenziazioni sociali in base al luogo di nascita, ai gusti musicali e allo stile di vita che si adotta danno luogo al desiderio di contraffare metaforicamente non solo il capo d’abbigliamento ma l’essenza più profonda della persona.
Rispecchiando pienamente il concetto di bovarismo e della “ società immagine”, molti vogliono mostrarsi diversi da come effettivamente sono: chi proviene da contesti disagiati prova talvolta ad innalzare la sua posizione sociale frequentando posti altolocati e lontani dal suo vissuto, ostentando e talvolta fingendo una posizione economica differente da quella reale indossando i suddetti falsi; d’altro canto c’è chi vive il suo benessere sociale e la sua reale prosperità economica con disagio, quasi fosse un problema, e di conseguenza assume comportamenti non combacianti con l’educazione fornitagli pur di essere accettato e apparire agli occhi altrui “forte”, rude e meritevole di rispetto. Anche questa è pura contraffazione, l’essenza di una persona non può essere ridotta ad uno standard o categorizzazione… non è il brand che indossi a fare la differenza ma il modo in cui tu incarni quel brand dando vita a tante diverse personalità e spesso si dimentica che, se la bellezza risiede nella diversità, è la diversità che colora il mondo.