L’episodio di Dampyr di questo mese, il n. 192 in uscita il 3 marzo, segna il ritorno in scena di numerosi personaggi, più o meno persi fra le nebbie orrorifiche della longeva serie targata Sergio Bonelli Editore. Il primo e forse più importante dei quali può essere rivelato senza temere alcuno spoiler: dalla copertina e dal titolo dell’albo, (nonché dal tramino disponibile sul sito), c’è da aspettarsi il ritorno del giovane Sho-Huan, da alcuni ritenuto la reincarnazione del famigerato Aleister Crowley. Chi segue abitualmente la serie sa che il personaggio è ispirato dalla enigmatica figura di Edward Alexander Crowley, chiamato anche la Grande Bestia, esoterista, artista, scrittore e alpinista britannico, vissuto tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo.Nel corso della serie Sho-Huan si è scontrato a più riprese con Harlan Draka, finendo esiliato in un angolo imprecisato del multi-verso, nel n.178 della serie, “I vagabondi dell’Infinito”. Ma il giovane Sho-Huan ha già dimostrato di essere in grado di muoversi a piacimento tra le barriere che separano lo spazio e il tempo, tra gli infiniti universi possibili.
In questo episodio Mauro Boselli rivela finalmente la verità sul rapporto che lega Sho-Huan al misterioso Crowley, gettando allo stesso tempo nuova luce sugli agghiaccianti piani del mago, che coinvolgono i Grandi Antichi. Per l’occasione, lo sceneggiatore fa sfoggio di una vasta e raffinata conoscenza dei grandi classici dell’orrore, evocando, oltre al già citato Crowley, grandi miti della letteratura gotica come Ambrose Bierce, Robert Chambers e, ovviamente, Howard Philip Lovecraft. Pescando a piene mani dalla loro complessa mitologia, Boselli, grazie ai densi chiaroscuri di Arturo Lozzi, ricostruisce i tetri luoghi partoriti di deliri onirici di questi scrittori, evocando lo oscure simmetrie di Kingsport e Innsmouth, di Dunwich e di Carcosa.
E’ chiaramente un numero di rivelazioni, questo 192, ricco di dialoghi e spiegazioni. Eppure la trama, più lenta e interlocutoria nella prima parte, si fa piacevolmente intensa nella seconda, aprendosi a colpi di scena inaspettati che ribaltano l’apparente linearità dell’incipit. Il punto forte del racconto però, rimane senza dubbio l’atmosfera: sempre in bilico tra le atmosfere quasi asfissianti di una Londra segreta e gotica, e gli spazi vertiginosi di un Infinito sconfinato ed inquietante, le tavole regalano in più di un’occasione quel brivido misterioso e “senza nome” che si può trovare solo fra le pagine originali del visionario di Providence.