Rocco Maurizio Anaclerio, in arte Dj Ringo, classe ’61, è un decano della cultura rock in Italia e uno degli speaker radiofonici più conosciuti del nostro paese. Conduttore della sua longeva creatura, la trasmissione Revolver, su Virgin Radio, Ringo ha all’attivo programmi televisivi (Dr. Ringo, Garage Revolver, Drive Up) e partecipazioni a film (Vita smeralda, Un natale per due, Asfalto rosso, Indovina chi viene a Natale?). Ora Ringo porta il suo Rock Party in giro per l’Italia: una personalissima e scatenata selezione di musica tutta da ballare.
Quando arrivo a Scalo 28 (Capaccio Paestum), le note di Mad Word dei Tears for Fears riempiono il locale. L’ampio salone in stile post-industriale è stato sgombrato per l’occasione. Niente tavoli all’interno, questa sera è per ballare. I primi avventori hanno già un drink in mano, mentre aspettano l’ospite d’onore. Che non tarda ad arrivare. Camicia verde militare e t-shrt da rocker d’ordinanza, Dj Ringo si fa strada nel pub, dà l’ultimo tocco all’organizzazione mentre stringe mani e risponde ai saluti. Ride, scherza. Dopo un po’ ci accomodiamo ai piedi del palco, sotto la sua postazione: una console da dj sorretta da due finti barili, con al centro un triangolo stradale illuminato da led. Drink in mano, facciamo quattro chiacchiere. In sottofondo Lithium dei Nirvana.
Quando è nata la passione per il rock?
Più che una passione è una forma di vita. Io sono nato nel ‘61, quindi ero bambino nel ‘69 con i Beatles, adolescente nel ‘73 con il glam di Suzi Quatro e degli Sweet, giovane punk nel ‘78. Quindi le ho vissute tutte.
Come è cambiata la musica da quando hai iniziato a oggi?
Tante cose non mi piacciono. Non voglio passare per il vecchio che dice “ai miei tempi…”, però sai, mi mancano quei riti che c’erano negli anni ’70 e ‘80: aspettare il vinile dall’America, aprirlo, sentirne il profumo; avere gruppi come Beatles, Pink Floyd, Emerson, Lake & Palmer, Genesis, Wings, Ramones, Clash… Gruppi che ci mettevano anche uno, due o tre anni a fare un album. Ma quando arrivava era un pezzettino della tua vita. Adesso con i computer anche chi non suona può fare un album in pochi giorni. È chiaro che non è vietato, ci mancherebbe. Ognuno ha il diritto di spendere quella forma di vita e di arte che è la musica come vuole. Certo è che a quei tempi i testi erano importanti, la musica era importante. Adesso forse è meno importante, c’è molto marketing.
Era forse più collegata alla vita, all’attualità?
Certo. Era un concept di quello che vivevi. Anche adesso lo fanno, però magari parlano di quello che gli è successo su Instagram. Mi interessa di meno.
Questo ci porta direttamente alla prossima domanda: quanto questo cambiamento secondo ha te ha a che fare con la tecnologia? in che modo ha influito internet, e la tecnologia in generale sulla musica?
La tecnologia è importante, molto importante. Infatti mi arrabbio quando dicono “ah quei ragazzini hanno già il telefonino”. È giusto così, cosa dovrebbero fare? Vivono questa epoca. Mi infastidisce l’uso stupido della tecnologia. Cioè, mi va bene se vai su youporn, ha un senso per me. Però se stai otto ore per farti una foto e metterla su Instagram, perché stai cercando la posizione più bella, hai sprecato un sacco di tempo. Si è un po’ schiavi dei social. Anche io ne faccio uso, ci mancherebbe, però cerco di non farmi schiacciare dalle loro regole.
Invece su Revolver, la tua trasmissione radiofonica di maggior successo, che conduci tutt’ora. Qualche anno fa hai fatto un’intervista per Stone Music, in cui dicevi che a te non piace il termine “percorso”, che ultimamente si usa molto per descrivere le trasmissioni.
No è terribile. Il percorso lo fai in moto: viaggi in Italia, vai in Cilento, fai il percorso culinario. Quelli che vanno ai reality e ti dicono “ah il mio percorso è stato ottimo…” ma dai!
Invece per te Revolver è un contenitore. In che senso?
Io lo chiamo contenitore perché ci raccolgo dentro un sacco di cose: la musica, quello che ho da dirvi, il cazzeggio, le risate. Vi metto al corrente che essendo un contenitore lo puoi aprire e lo puoi chiudere quando vuoi, cioè sei libero. Cerco di dare la libertà, la scelta. A volte ci riesco a e a volte no.
E perché Revolver?
Revolver è il mio album preferito dei Beatles di quando ero ragazzino. A 14 anni suonavo la batteria in una cover band, e all’epoca si facevano i Beatles. Io ero batterista, come Ringo, e adoravo Revolver. Quando uscì mi sconvolse, perché io ero ragazzino, sentivo dei suoni nuovi, delle cose nuove… Quello è stato il primo album che mi ha fatto dire “Wow che bella che è la musica!” È stato un album importante insomma. Poi certo ne ho avuti altri come Revolver, che hanno segnato la mia vita. Dei momenti della mia vita, non il “percorso”. Quelli ripeto li ho fatti in macchina e in moto.
Tu hai fatto Radio, tv (con garage revolver, Dr. Ringo, drive up), anche cinema. Prossimi progetti? C’è qualcosa che hai intesta?
Guarda per me è già importante vivere. Vivere, andare avanti. Ho perso mio fratello due anni fa, e ultimamente ho perso un altro fratello, non di sangue ma di vita: un giornalista, Giovanni Di Pillo. E mi son reso conto che cazzo siamo vulnerabili, non dimentichiamocelo mai. Quindi è bello vivere. Adesso che ho fatto 62 anni, più vado avanti e più mi godo la vita. O almeno i suoi momenti belli. Non posso dire di godere dei momenti tristi, anche se so che ne fanno parte.
Quindi per me andare avanti e godermi la vita è già qualcosa di figo.