Cosa succede nella mente dei giovanissimi?
E così scopriamo che la vita di una brava persona, di un lavoratore che rientra dal suo impiego dopo due ore di viaggio alle tre di notte viene sacrificato per poco meno di 14 euro.
L’assassino, un ragazzo di 19 anni, anche lui impiegato in un supermercato, in giro a quell’ora di notte con un coltellaccio da cucina in tasca, ha colpito violentemente al petto il povero Manuel che stava inviando un vocale alla fidanzata, mai partito che si è ribellato all’’inaudita, ingiustificabile aggressione fisica al fine di rapina per sottrargli niente di che, un paio di auricolari del valore di poco più di 14 euro.
Questo è il valore della vita agli occhi di un ventenne.
E’ spaventosa questa spinta al male, alla banalità del male che si declina sia tra familiari che tra sconosciuti e che sta rivelando una grave insufficiente capacità di emozioni delle nuove generazioni.
Eppure sono figli dell’ascolto, sono figli dell’accoglienza, sono figli dell’amore e del dialogo coi genitori.
In questo caso, poi, il ragazzo pare abbia pure confessato ma i genitori non gli hanno creduto.
Ma non è solo lui che per un motivo futile, un paio di cuffiette, ha ferito a morte Manuel sulla sua strada di casa senza colpe se non di provare a difendersi…al costo della vita.
La tv è piena di fatti di cronaca che ripropongono fatti sempre più spaventosi e motivi sempre più abietti che spingono gli assassini, dichiarati colpevoli o meno, a spegnere una vita…una vita non ritenuta meritevole di rispetto.
Commenti su commenti, approfondimenti, interviste, confronti con opinionisti, più o meno titolati ad ogni ora della giornata dibattono sui fatti principali di cronaca con un’assillante morbosa attenzione al dettaglio macabro, violento, estenuante, raccapricciante.
E così assistiamo ascoltiamo assorbiamo la violenza e insensibilità dei gesti assassini altrui…
Chiara che in meno di due anni partorisce due volte nella sua cameretta e seppellisce i corpi dei neonati nel giardino della villa dove vive coi genitori lasciandoli morire…
Turetta uccide Giulia per una gelosia possessiva inscenando una fuga da strapazzo e spezzando le ali ai suoi sogni e al suo futuro che aveva scelto di vivere senza di lui.
E poi le povere Liliana e Pierina uccise senza un motivo apparente…e al momento senza un colpevole!
Il diciassettenne che la notte del compleanno del padre dopo aver festeggiato con amici e famiglia diviene pluriassassino armato di un coltello da cucina con furia omicida per liberarsi di un senso fastidioso di vivere.
Insomma, una insana capacità di gestire le proprie emozioni, con una precipitazione degli eventi in modo incontrovertibile e incontrollabile quasi che sia ormai sfuggito ai giovani il senso del se e dell’altro…
La loro incapacità di accettare una sconfitta, di sopportare una delusione, di subire un tradimento, di vivere una insoddisfazione , di conoscere la noia, sono lo specchio di una difficoltà concreta di calibrare le relazioni e le emozioni come se ci fosse una insensibilità palpabile…un malessere che non emerge e chiede aiuto ma è direttamente devastante e distruttivo.
Come dare torto a chi questo malessere lo vive in un mondo spaventoso e spaventato dalle guerre, dall’odio l’uno per l’altro, dell’ascolto fittizio contaminato dalla ossessiva presenza dei cellulari e dei social, dalla disinvoltura del nulla dei contenuti e della facilità della ricchezza dei pochi eletti dai media, dalla silenziosa ovattata chiusura dell’esistenza per chi addirittura rinuncia a vivere, lobotomizzati dalla realtà esterna, perché sembra più semplice, in una vita che si fa fatica a sentire non solo vera ma di propria appartenenza senza temere giudizi, esclusioni, isolamenti, pregiudizi e non sulle diversità di genere su cui le giovani generazioni sono all’avanguardia, ma sulla loro interiorità che resta barricata, inesplorata, nascosta.
La sensazione è quella di vederli vivere, nonostante la moltitudine di followers, una perenne feroce solitudine…
Ed e’ probabilmente questo l’aspetto più inquietante dei giovanissimi che vivono la schiavitù del giudizio altrui e la condanna di una scarsa socializzazione…la finzione di un modo di essere in contrasto con la necessità di conoscersi e esporsi e forse vanno rieducati, insieme ad una buona parte dei loro genitori, alle relazioni e alle spinte dell’ emotività perché hanno dimenticato o forse ignorato da sempre cosa significano e quanto significano nella vita.