La rivoluzione mediatica che è avvenuta nell’arco degli ultimi trent’anni, grazie all’avvento di internet, ha ridotto incredibilmente le distanze intercorrenti tra ogni uomo sulla Terra. Questo è certamente un avvenimento positivo, visto che io che scrivo dalla mia stanza a Napoli posso interagire con un altro ragazzo che magari è nella mia stessa situazione ma a migliaia di kilometri di distanza. Spesse volte però, specie quando siamo di fronte a cambiamenti di questa portata, si viene abbagliati dalla luce dell’innovazione, dimenticandosi delle ombre che ogni luce genera. Perché si, anche il “santo” web ha i suoi lati oscuri. Ed è di uno di questi in particolare che vorrei analizzare oggi: la privacy.
Questa seconda metà del mese di marzo 2018 ha avuto come protagoniste le “avventure” di un’azienda che sin dalla sua fondazione (poco più di 4 anni fa) ha fatto discutere: sto parlando di Cambridge Analytica, impresa di consulenza britannica. La società fondata da Robert Mercer è specializzata in ricerca ed analisi di grandi quantità di dati ed informazioni (reperite per la maggior parte sul web), soprattutto in ambito di campagna elettorale. Questa azienda è finita nell’occhio del ciclone dopo che è saltato fuori il suo coinvolgimento nelle ultime elezioni americane e russe vinte rispettivamente da Donald Trump e da Vladimir Putin. Fin qui nessuna anomalia, visto che il lavoro di questa impresa è appunto di raccogliere dati, e facendo questo non si può non essere coinvolti in qualche modo. Dov’è lo scandalo allora ? Beh, è presto detto. Questi famigerati dati che Cambridge Analytica ha raccolto li avrebbe presi nientedimeno che dal sicurissimo ed iperprotetto Facebook. Cosa ? Facebook non è la casa sicura che dovrebbe essere vista la quantità enorme di dati personali che custodisce al suo interno ? Davvero non è la prima volta che l’azienda di Mark Zuckerberg non si dimostra efficiente per quanto riguarda la sicurezza dei propri utenti ? Aldilà della becera ironia che sto facendo, ovviamente no, purtroppo Facebook non è nuovo a fughe di dati di questo tipo; ma questa volta la faccenda è leggermente più grave.
Questi dati (estrapolati senza alcun permesso da Cambridge Analytica, c’è da dirlo) sarebbero stati utilizzati dalla squadra elettorale di Trump per risalire alla tendenza generale del popolo americano riguardo le elezioni del 2016 e per influenzarne il risultato. Stessa cosa sarebbe accaduta poche settimane fa con le, certamente più scontate, elezioni in Russia. Cos’altro aggiungere ? Sinceramente quando ho appreso questa notizia non mi sono meravigliato più di tanto in realtà, sarà perché essendo nato insieme ad internet non ho quella illusione che sia un mondo perfetto, oppure sarà perché Facebook mi è sempre sembrato abbastanza accessibile da poter sfruttare qualche falla, ma sta di fatto che mi è sempre sembrato nient’altro che una questione di tempo prima che qualcuno sfruttasse il “santo” web e la sua abbordabilità per prendere il controllo sul prossimo.
In conclusione, credo che questo scandalo lascerà parecchie scorie dietro di sé visto che Zuckerberg si è già scusato pubblicamente e ha prontamente promesso di aumentare significativamente le misure di sicurezze del proprio social network. E per chi crede che dopo il polverone che si è alzato Facebook perderà quotazioni, non credo che un’azienda di quelle dimensioni si faccia sopraffare da un evento come questo, nonostante lo scalpore che ha generato. Ora è il turno di Mark Zuckerberg e di Facebook di mostrare come si riuscirà a rialzare dopo un montante del genere; perché sì, si rialzerà. Non si diventa così grandi per caso.