Franco Iavarone ha cucito la trama della sua carriera di attore, filando ogni personaggio che il destino e la passione gli hanno cucito addosso.
Attore di ben 81 film, serie televisive e tantissimo teatro. Attualmente si cimenta anche come pittore. Ha esposto i suoi quadri tra Napoli ed Ischia in mostre i cui incassi sono stati devoluti ad istituti per disabili.
Franco da quel giorno in cui Michele Del Grosso ti invitò a interpretare “Ubu” al suo teatro Instabile, la tua vita cambió del tutto.
Sì. Io facevo il sarto ma amavo il teatro. Per me è stata l’occasione per iniziare quella che è stata poi la mia carriera. Ancora oggi ricordo delle battute. Quel giorno mi vide Gennaro Magliulo, regista di “Il figlio di Pulcinella” con il debutto di Luca De Filippo, e mi propose la parte di Anselmo Raganelli . Grazie, poi a Gennaro Maglione conobbi tanti attori importanti che erano anche loro alle prime armi, come Gigi Proietti.
Ti descrivi come un ignorante con solo la quinta elementare, lo hai ribadito spesso in tutte le interviste.
Oggi sembra che se non fai l’università non puoi fare teatro. Lo dico spesso proprio per raccontare la mia storia, da sarto ad attore di ben 81 film e tanto teatro. La protagonista del mio destino è stata e continua ad essere la passione. Mi ritrovai a stare tra i grandi iniziando ad interpretare piccoli ruoli e grazie alla passione, non mi resi conto nemmeno di questo divario che c’era tra me e questi grandi attori. Addirittura mi misi in testa di fare “teatro in lingua” anche se per un napoletano era un’impresa ardua. Mi piaceva l’idea di uscire un po’ dal teatro napoletano, anche se Napoli ti da tutto, ti da delle cose straordinarie e te ne accorgi proprio quando fai il teatro in lingua con la base del teatro napoletano, con il napoletano e la sua mimica popolare. Questa è una grande base che puoi applicare a qualsiasi tipo di teatro.
E ci sei riuscito. Hai recitato al Piccolo Teatro di Milano, teatro a livello europeo.
Ricordo che andai a fare un provino allo Stabile di Genoa per una parte nella opera di Giulio Cesare . Mi chiamarono, nonostante fossi napoletano, ed io feci una stronzata. Nell’inconscio, e dico inconscio perché non sono mai stato presuntuoso, io mi sentivo già un grande e chiesi una paga alta. Mi rifiutarono e ci rimasi malissimo ma imparai. Al seguente provino, sempre a Milano, per Barbablu con la regia di Lamberto Pugelli, fui scelto. Dopo un mese mi chiamarono per recitare al Piccolo teatro di Milano, però io volevo fare il provino con Giorgio Streheler, offendendo anche a Pugelli. Insistetti e così Streheler accedette a farmi il provino. Durante questo provino mi dimenticai la parte e in napoletano dissi , con abbastanza enfasi, “mannagg me song scurdat ‘a part” e Strehler mi chiese cosa stesse succedendo. Gli risposi che avevo dimenticato la parte e Strehler disse “Che peccato, pensavo fosse la parte, eri così naturale “. Non riuscì a finire il provino ma ormai ero dentro. L’anno dopo recitai in “ Opera da tre soldi” con Milva, Modugno e Tedeschi. Questo sogno iniziava a realizzarsi, io da sarto che andavo al Politeama a vedere questi grandi attori, ora stavo recitando accanto a loro.
Come hai conosciuto a Roberto De Simone ?
Incontrai Virgilio Villani, mi disse che stavano provando uno spettacolo di De Simone. Io lavoravo a Milano, ero in riposo a Napoli ed andai a vederli. Roberto mi fece ascoltare “Jesce sole” , una cosa spettacolare, e chiesi a Roberto di scrivere una parte per me. In quel periodo avevo un contratto firmato per fare il personaggio di Pistola nello spettacolo di Enrico V a Milano. Chiamai alla compagnia e riferii che non avrei fatto parte dell’opera. Non ti nascondo che ci rimasero un pó male, mi chiamarono pagliaccio. De Simone quindi, mi affidó il “prologo” e mi disse che non avrebbe mai assistito alle mie prove, che mi avrebbe ascoltato solo alla prima di Spoleto. Credo che il destino mi diede la possibilità di vivere la più grande esperienza della mia vita. Grazie a questa esperienza, ho conosciuto anche Fellini.
Con Fellini hai fatto “Prova d’orchestra”
Io avevo l’abitudine di provare la parte dietro le quinte. All’improvviso vido Fellini curiosando tra i costumi. Mi avvicinai e dissi “Voi siete” e lui rispose “Io sono” ed io “Maestro, arriverà il giorno in cui reciteremo insieme?” Mi disse che sarebbe dipeso da me. Dopo cinque giorni mi chiamarono dalla produzione di “Prova d’orchestra”. Quando ci incontrammo mi chiese se avessi imparto la parte. Gli risposi di si e disse “ Buttala, ne dobbiamo fare un’altra perché ho cambiato idea” . Credo molto nel destino che ha incastrato i momenti decisivi della mia carriera.
Sei approdato al Broadway Theatre di New York con Massimo Ranieri
Sì, con “Pulcinella”. Vedendola oggi la considero una cosa meravigliosa, però allora io avevo sempre una grande paura. Paura di non essere all’altezza. Ogni sera, prima dello spettacolo, pensavo “Riusciró a fare questa roba?” . La paura di dimenticare la mia parte era sempre presente. Ricordo quando debuttai con l’ opera “Eleonora” di De Simone al San Carlo in mondovisione, io facevo l’inquisitore. Per la paura di dimenticare le mie battute, mi ero preparato il monologo che faceva così “Signori e signore, io ‘m so scurdat ‘a parte. Ho fatto una figuraccia internazionale, perdonatemi…io mi ritiro”. Invece andò tutto bene.
Quando realizzasti che non eri più un sarto recitando tra i grandi, ma che anche tu eri diventato un grande?
Io non mi sono mai considerato un grande. Mi sono sempre detto che c’è Dio alle mie spalle che mi guida, non sono io. Io ribadisco che sono un deficiente, un cretino, che non valgo nulla, sono un ignorante con la quinta elementare e sono rimasto tale, un sarto ignorante. Sono andato avanti solo con il talento e sono orgoglioso perché le cose che ho fatto sono enormi ed importanti. Sono riuscito a fare Opere cantate senza sapere cantare.
Sulla tua pagina di facebook pubblichi molti dei lavori tuoi, sia di recitazione che di pittura. Com’è il tuo rapporto con la tecnologia.
Zero. Non ho nessun tipo di rapporto, non so usarla e la mia testa la rifiuta. A stento riesco a postare dei video e delle foto. So che oggi è importante l’uso dei social per diventare famosi, ma io ormai sono quasi un ritirato. Poi bisogna stare attenti e dire sempre la verità perché oggi con questi cosi qui puoi scoprire immediatamente se hai detto o no una stronzata.
Non hai avuto una famiglia tutta tua, qualche rammarico?
In cambio ho avuto la libertà e siccome non si può avere il tutto perché si vive di acchiappare le cose del momento, io ho acchiappato la libertà di fare e disfare quello che voglio e nel momento in cui lo decido. Io mi considero figlio di tutti, anche tuo in questo momento. Mi piaccioni i bambini e mi ci affeziono ,non credo sia fondamentale nella mia vita però sì nella vita degli altri perché altrimenti ci estinguiamo.
Ti consideri un uomo religioso?
Credo in Dio però non vado a messa, non mi piace il prete che parla dall’altare. Ci vado quando non c’è gente, parlo direttamente con Dio e non mi importa se si chiama diversamente a secondo delle religioni. Io ho avuto una educazione Cristiana e credo nella Bibbia. Non credo che ci sia il nulla dopo la morte, credo in Dio. L’ultima grande esperienza dell’uomo è la morte…è la più grande esperienza che purtroppo non si può raccontare.