Le città parlano, raccontano di se stesse. Una città come Napoli, dalla storia millenaria, non a caso, ha inevitabilmente molto da dire sul proprio conto. Le pietre dei vicoli e delle vie, infatti, hanno visto poggiare sulla propria superficie i piedi e i pensieri dei personaggi tra i più illustri della storia del mondo. Forse, nel corso dei secoli, qualcosa è cambiato, magari il manto stradale non è più lo stesso, magari qualche palazzo è stato ristrutturato, ma nell’atmosfera rimane quasi come un odore, che solo le menti aperte al bello riescono ancora e sempre ad annusare. I segni della grandezza degli uomini del passato rimangono, probabilmente, però, diventano meno evidenti e sta a noi allora renderli visibili, fruibili per tutti e presenti nel nostro quotidiano.
Ad esempio, via San Biagio dei Librai, nota a tutti, data la sua enorme rilevanza storica, tra le tante personalità che l’hanno attraversata e percorsa, ha sicuramente visto sfilare più e più volte, fin dalla sua fanciullezza, uno dei più grandi pensatori del mondo: Giambattista Vico. Il filosofo, storico e giurista, difatti, nacque nel 1668 proprio nella medesima strada e, all’interno della sua casa natale è possibile oggi trovare, come testimonianza, una lapide che riporta la seguente scritta: «In questa cameretta nacque il XXIII giugno MDCLXVIII Giambattista Vico. Qui dimorò fino ai diciassette anni e nella sottoposta piccola bottega del padre libraio usò passare le notti nello studio. Vigilia giovanile della sua opera sublime. La città di Napoli pose».
Di certo, la vita, la formazione e l’attività intellettuale di Giambattista Vico furono strettamente connesse alla città, dove egli – a parte una parentesi nel Cilento – trascorse quasi tutta la sua esistenza, fino alla morte sopraggiunta il 23 gennaio del 1744. E a proposito dei luoghi dove tutt’ora è percepibile la sua aura – al di là di San Biagio dei Librai e della dimora di nascita – vi è un posto ben più importante. Parliamo di uno dei centri culturali più prestigiosi non solo di Napoli, ma dell’intero Paese e dunque d’Europa: la Biblioteca dei Girolamini.
Nel complesso, contraddistinto da di particolare pregio storico, che rappresenta la più antica biblioteca del capoluogo – fondata infatti nel 1586 dai padri dell’ordine di San Filippo Neri, detti Girolamini – nonché la seconda per edificazione in tutta Italia, è presente una sala intitolata proprio allo storico: la cosiddetta “Sala Vico”.
Egli, invero, era solito recarsi in quel luogo per trascorrere le sue ore di studio, considerata l’unicità, la vastità e la molteplicità dei volumi lì presenti, e fu lui stesso a suggerire, tra il 1727 e il 1736, la costruzione di una sala aggiuntiva nella struttura – poi a lui appunto intitolata – per dare spazio al suo interno anche ai libri del nobile Giuseppe Valetta.
In effetti, il desiderio di Giambattista Vico era che questo enorme patrimonio culturale restasse a disposizione dei cittadini e, a ben guardare, tale dovrebbe essere anche il nostro intento per il futuro. In realtà, considerando le tristi ed amare vicissitudini che negli ultimi anni la Biblioteca ha dovuto subire, a causa del trafugamento e della vendita illecita dei volumi, riscoprire questo luogo, riscoprire in essa i segni del grande filosofo, è un dovere più che mai impellente. Per il bene di tutti, facciamo dunque in modo che Giambattista Vico, attraverso le mura di Napoli, attraverso le mura di uno dei posti più belli e pregni di significato della città e del mondo, ci parli ancora e magari risvegli una troppa sospita esigenza di cultura, la quale possa fungere da arma per il riscatto.