Tutti conosciamo la storia di Giuseppina Versace, per tutti Giusy, figlia di Alfredo Versace, cugino dei noti Gianni e Donatella, gli stilisti, che durante un viaggio di lavoro, nell’agosto del 2005, fu coinvolta in un terribile incidente automobilistico sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria.
Giusy Versace, dopo l’incidente, è diventata celebre come sportiva, poiché grazie alle sue protesi in carbonio, è stata la prima atleta italiana della storia a correre con amputazione bilaterale e la sua categoria è la T43.
Giusy, con la sua caparbietà e la sua tenacia, è impegnata ormai da anni nella promozione dello sport paralimpico. Nel 2011 è stata eletta presidente dell’Associazione Disabili No Limits Onlus, per raccogliere fondi e donare ausili e nel 2012 ha scritto la sua autobiografia.
Nel settembre 2014 ha partecipato alla decima edizione del programma tv “Ballando con le stelle”, in onda su Rai 1 e ha vinto in coppia con Raimondo Todaro. Nel 2015 ha condotto “La Domenica Sportiva”, su Rai2 e ha recentemente debuttato al Teatro Manzoni di Milano con lo spettacolo “Con la testa e con il cuore si va ovunque”, tratto dalla sua autobiografia e diretto da Edoardo Sylos Labini.
Incontriamo Giusy Versace pochi giorni dopo il debutto teatrale.
Giusy, cosa bisogna fare concretamente per abbattere il muro dei pregiudizi nelle persone?
Penso che bisogna lavorare molto coi giovani, loro sono il futuro e con le loro giovani menti si può abbattere il muro del pregiudizio.
Il 14 giugno, ai debuttato al teatro Manzoni con lo spettacolo “Con la testa e con il cuore si va ovunque”, tratto dalla tua autobiografia, hai trovato difficoltà a rileggere e riadattare per la scena la tua stroria?
E’ stato molto impegnativo, quasi come preparare una seconda olimpiade. A teatro le persone le senti davvero: le puoi toccare, le puoi vedere, le puoi sentire e la cosa più difficile è riuscire a emozionare senza emozionarsi troppo ed è molto difficile specie se consideri che la storia narrata è proprio la mia. Il risultato però ha ripagato tutti noi del grande lavoro fatto, riuscire a riempire il Manzoni è stata una grossa soddisfazione. E’ stato un sogno avere tutti quegli applausi da parte del pubblico. Ho cercato di rappresentare la disabilità con normalità, esattamente come la vivo io.
Nello spettacolo lavori di nuovo con Raimondo Todaro, tuo insegnante a Ballando con le stelle, con cui hai vinto nel 2014. Cos’hai provato a lavorare nuovamente con lui?
Io e Raimondo non ci siamo mai lasciati in realtà, anche dopo il programma, infatti, l’anno successivo, abbiamo ballato in giro per tutta Italia e abbiamo anche già lavorato a teatro insieme. Lui conosce bene il mio corpo, sa esattamente come si lavora con me e mi guida benissimo, quando balliamo.
Sei la prova vivente di come si possa reagire anche alle circostanze più terribili, facendo leva sulla propria forza di volontà. Cosa ti senti di dire a chi si trova in un brutto momento e non trova le motivazioni per andare avanti e affrontare i suoi “problemi”.
Dico semplicemente che se tutti noi vivessimo le nostre situazioni con assoluta normalità interiore, oltre a star bene con noi stessi riusciremmo a star bene anche con gli altri.