Il gongilo (Chalcides ocellatus) è un sauro di piccole dimensioni che appartiene alla famiglia degli Scincidi.
Questo piccoletto raggiunge massimo i 30 cm è dotato di corpo cilindrico, e cinque dita su ciascuna zampa; zampe per lo più inutilizzate, visto che si muove serpeggiando.
Questi agili rettili si trovano prevalentemente nelle zone aride.
Si nutre quasi esclusivamente di insetti, trai quali aracnidi, lombrichi, porcellini di terra, larve e numerosi artropodi; inoltre non disdegna frutta, uova e vegetali.
Solitamente si trova nei pressi delle abitazioni circondare da giardino.
Questo sauro diurno può convivere con altre specie pacificamente e se spaventato fugge strisciando via nascondendosi nelle buche o tra le fronde delle piante o sotto oggetti o massi. Va in letargo nel periodo invernale.
Si trova facilmente in Grecia, Sardegna, Sicilia, Malta, Nord Africa, Turchia, Cipro, e più in generale in quasi tutto il Mediterraneo. Nel 1736 è stato introdotto nel Parco della Reggia di Portici.
Frequenta, come anticipato, luoghi soleggiati aridi, aree sabbiose, come l’entroterra o la costiera mediterranea; lo so trova facilmente anche presso vigneti e campagne.
Molti dei nomi in dialetto siciliano del gongilo (tiru, tiruni, tiraxiatu, tiraciatu, tiruneddu) si riferiscono alla capacità mitologica di “tirare” il fiato ad altri animali, esseri umani compresi. In particolare è diffusa la falsa credenza popolare che il gongilo sia attratto dai neonati e dal latte di cui si nutrono e che li soffochi entrando in gola.
Ma ha anche un’accezione positiva: secondo la leggenda, infatti, durante la notte sveglierebbe con la coda gli uomini in pericolo.
Una differente ipotesi etimologica vorrebbe invece far discendere il nome tiru dalla velocità con cui il rettile è in grado di scappare («più veloce di un tiro di schioppo»), mentre il nome tiraciatu deriverebbe dal fatto che le persone tratterrebbero il fiato per lo stupite alla vista. Per il colore della pelle simile a quello delle sardine (azzurro argentato), nella zona di Castelvetrano è invece denominato sardazza. Anche nel ragusano è chiamato con un nome simile: cuocciu i sarda. Il nome pisci lavuraturi deriverebbe invece dalla capacità di scavare rapidamente cunicoli nel terreno per nascondersi.