Grinta,potenza ed eleganza sono solo alcuni dei segni distintivi di una band destinata a segnare profondamente la storia della musica contemporanea; sto parlando dei Greta Van Fleet.
Band statunitense formata nel 2012, entra nel mondo della musica lo scorso anno con la pubblicazione dell’ EP Black Smoke Risin. Questo disco, composto da sole quattro tracce, rivolziona totalmente il modo di concepire e produrre un determinato album. Ho scoperto questa formazione mentre ero in macchina e, ascoltando RadioFreccia, mi è subito saltata all’orecchio la voce di josh kiszka per la spiccata somiglianza con quella di Robert Plant, vocalist dei Led Zeppelin. Successivamente,informandomi, ho letto numerose critiche riguardo questa band le quali sostenevano che l’impronta creativa dei Greta Van Fleet marcasse troppo il sound degli anni 60 che caratterizzava la musica inglese, andando a colmare delle lacune compositive della band.
Se devo essere sincero, in un primo momento, anch’io ho pensato: “Questa sarà l’ennesima band che copia sonorità trite e ritrite” , ma mi sbagliavo.Un ascolto integrale della, spicciola ma densa, discografia dei GVF vi farà ritornare la voglia di assistere ad un concerto live. Era da molto tempo che non sentivo un sound così fresco capace di dare ancora più valore agli insegnamenti lasciatici dalle grandi band del passato. Molto spesso,infatti, siamo soliti confondere ‘ispirazione’ con ‘plagio’ non distinguendo nitidamente i due significati delle parole. Personalmente non trovo nulla di sbagliato nel prendere spunto compositivo dai grandi maestri della musica- in questo caso sto parlando dei sopracitati Led Zeppeilin- i quali, nel corso degli anni, sono stati ampiamente plagiati da band senza talento alla ricerca di successo. Questi ragazzi,invece, sono andati oltre. Stanno esplorando zone della composizione che i LZ non hanno mai approfondito in seguito alla precoce morte di John Bonham e questo, a differenza di quanto si possa pensare, è un lavoro lodevole. I Greta Van Fleet hanno ripreso la musica degli anni 60 esattamente da dove era stata posata e la stanno adattando al gusto moderno, regalando agli ascoltatori la possibilità di diventare artefici di un nuovo movimento culturale promotore della musica- esattamente come avveniva nei 60’s-. Per quanto riguarda la produzione,invece, vorrei complimentarmi con Al Sutton il quale ha dato ai ragazzi la spinta necessaria per prendere il decollo. Da una decina di anni a questa parte,infatti, la maggior parte dei CD del genere, ad un primo ascolto, si sono sempre rivelati privi di una particolare identità. Ciò vale a dire che ogni prodotto era, sulla carta, uguale ad un altro. E la storia della musica ci insegna che non sempre la pulizia del suono va a vantaggio della qualità del prodotto,una morale ben compresa da Al sutton che è stato capace di ricreare l’atmosfera surreale dei vinili psichidelici.
Detto ciò,non ci resta che aspettare i prossimi lavori di una formazione che consiglio, a tutti gli appassionati del genere, di seguire vivamente.