Trama: Santa Maria al Bagno, Puglia, 1946. Il mare brilla trasparente sotto sole, ma tutt’intorno è miseria nera, ereditata da generazioni e ingigantita dalla guerra. Tommaso, Umberto, Marcello e Giovanni sono quattro tredicenni, e della loro terra conoscono solo la campagna arsa, i rovi e le pinete tra cui scorrazzano per isolarsi dai grandi, luoghi in cui si rifugiano per fingere che la miseria e la fatica siano lontane come l’orizzonte che precipita nel mare. Ma quando Marcello trova, seminascosto nella boscaglia, il cadavere di un uomo, i quattro amici entrano in contatto con un mondo a loro ignoto, che li conduce proprio in riva al mare, dove gli inglesi hanno allestito un campo profughi per i sopravvissuti alla Shoah. Paradossalmente, ai ragazzi il campo sembra il paese di Bengodi, perché non solo il cibo non scarseggia, ma c’è persino un’infermeria. E Tommaso ha una sorella che sta morendo di tifo. Insieme, i ragazzi organizzano un piano per introdursi nel campo e rubare le medicine. Non sanno a che cosa vanno incontro, sanno solo che chiedere non serve a nulla perché a loro nulla è dovuto, tanto meno da questi estranei che si sono insediati nella loro terra, e che li trattano da pezzenti quali sono. Dalla loro, però, hanno la capacità di sognare di tutti i ragazzi, la fiducia incrollabile nella propria forza, la fedeltà assoluta che li lega l’uno all’altro. E la realtà scabra dei fatti si mescola ai loro progetti fantastici, trascinandoci in una lettura appassionante che ci commuove e ci fa sorridere insieme.
Corbaccio
Recensione: Pochi conoscono il Displaced Person Camp numero 34 a Santa Maria al Bagno, in Puglia. Un campo di rifugiati, soprattutto ebrei, gestito dall’esercito inglese al termine della Seconda Guerra Mondiale. Uno spaccato di storia non divulgato come meriterebbe, dal quale Cosimo Buccarella ha preso spunto per il suo libro.
I protagonisti sono quattro amici, tredicenni, poverissimi, straccioni, quasi miserabili: Tommaso, Giovanni, Marcello e Umberto. Affiancata alla loro povertà materiale, fatta di pantaloni che una volta erano lunghi e che ora, con la crescita arrivano a malapena a metà coscia, senza scarpe, ma per fortuna d’estate servono poco, spicca un’enorme ricchezza: la loro amicizia.
Il ritrovamento del cadavere, mi ha riportata per un brevissimo lasso di tempo al racconto di Stephen King, ma I fuoriposto prende tutt’altra direzione.
La scoperta del corpo porta anche alla conoscenza del campo, anche se qualcuno di loro ne era pienamente al corrente, e vedono nell’accampamento l’unica via di salvezza per Romilda, la sorella di Tommaso, moribonda per il tifo. Il DP Camp sembra l’Eden, per loro che non hanno neanche gli occhi per piangere, lì non manca nulla, dal cibo alle medicine.
Organizzare un’incursione per rubare la penicillina sarà tutt’altro che facile, loro sono e saranno sempre dei “fuoriposto”, sono stonati ovunque, anche nella loro stessa terra, saranno visti sempre come pezzenti, a loro nulla è dovuto, lo sono per nascita, ma anche perché se già si è poveri, dopo la guerra si è peggio che pezzenti, il furto quasi non è un crimine: se hai bisogno di una cosa, te la prendi.
Gli eventi che travolgono i ragazzi sono i più disparati. Non si tratta solo di entrare fugacemente in un campo sorvegliato da uomini armati, ma avranno a che fare con i numerosi interrogativi che ronzano attorno all’uomo morto ritrovato nella sterpaglia; il carcere; le botte; piani da rivedere che coinvolgeranno terze persone.
Una storia che prende, non solo per la storia e gli avvenimenti, ma anche perché è un viaggio a ritroso nel tempo, in un momento in cui la maggior parte della popolazione italiana era in ginocchio. Porta in luoghi sperduti da Dio, dove per strada ti chiamano con il “contronome”, un soprannome appiccicato alla pelle come un tatuaggio risalente a qualche generazione prima.
Solo una cosa mi ha lasciata un po’ con l’amaro in bocca, ovvero, il finale. E’ come se fosse tronco, mancante di qualche riga, chiuso velocemente, per il resto è una gran bella storia.
Cosimo Buccarella è nato e vive in Salento, dove ambienta la maggior parte delle sue storie. Suoi racconti sono apparsi in raccolte e riviste. È stato vincitore del Festival Dieci Lune e del Premio Olivieri.