Il primo maggio, come tutti sappiamo, in molti paesi del mondo, inclusa l’Italia, si celebra la Festa del lavoro o Festa dei lavoratori. Come ogni anno, l’intento di questa data è quello di ricordare le lotte operaie e le conquiste sul piano dei diritti e, al contempo, evidenziare anche le criticità che ancora oggi attanagliano i lavoratori, ben lungi, in molti casi – specie nel nostro Paese negli ultimi decenni – dal vedersi riconosciuti dignità e rispetto soddisfacenti.
Ebbene, questa festa, per chi non lo sapesse, nacque, con l’intento di ottenere un ridimensionamento adeguato ed umano dell’orario di lavoro, da una manifestazione avutasi negli Stati Uniti, a New York, nel lontano 1882, per poi propagarsi anche in Europa.
Orbene però, noi, dal canto nostro, per contribuire a porre l’attenzione sulla questione e per incrementare un dibattito proficuo su questa prossima giornata, vogliamo invece ricordare un accadimento registratosi in Italia, nello specifico nell’area di Napoli, circa un ventennio prima dei fatti newyorkesi, e che solo recentemente ha ricevuto la giusta attenzione. Ci riferiamo all’episodio della barbara uccisione di alcuni operai da parte dei bersaglieri all’alba dell’Unità d’Italia, divenuto ultimamente noto come “eccidio dei Martiri di Pietrarsa”.
Dunque, a Pietrarsa, tra Portici, Barra, San Giorgio a Cremano e San Giovanni a Teduccio, esisteva la più grande fabbrica metal-meccanica dello Stivale, fondata nel 1840 da Ferdinando II di Borbone, in correlazione con la prima ferrovia italiana, ovvero la Napoli-Portici. Tuttavia, a seguito degli sconvolgimenti post-unitari, i quali, nel caso specifico, spostarono il baricentro della produzione metal-meccanica nazionale a Genova, l’industria campana subì un profondo ridimensionamento che si abbatté pesantemente sulla condizione lavorativa degli operai ivi impiegati, ben più un migliaio. Venne, infatti, drasticamente dimezzato il loro numero e, per giunta, i loro salari furono ridotti praticamente alla fame. E così, il 6 agosto del 1863, i lavoratori dello stabile indissero quello che può essere considerato, a tutti gli effetti, il primo sciopero della Storia d’Italia. Nonostante la protesta totalmente pacifica, però, il questore di quel periodo, Nicola Amore, reagì con estrema violenza, ordinando ai suoi bersaglieri di aprire il fuoco contro quei poveri uomini che chiedevano soltanto di essere rispettati. Secondo i documenti ufficiali furono ammazzati ben quattro operai, mentre circa venti furono gravemente feriti; ma c’è pure chi sostiene, invece, tra gli storici, che in realtà gli uomini trucidati furono molti di più.
Proprio a memoria di tutto ciò, lo scorso anno, nel quartiere San Giovanni a Teduccio si è deciso di intitolare una piazza, la quale oggi, appunto, si chiama “Piazza Martiri di Pietrarsa”.
In conclusione, a seguito di quanto qui appena narrato, duole constatare che, sia pure in circostanze assolutamente diverse, la condizione lavorativa di tantissimi nostri concittadini, specie nel Mezzogiorno, continua ad essere tutt’altro che felice. In effetti, in questi anni di feroce crisi economica, con tassi di disoccupazione allarmanti ed eccessivo deterioramento delle forme di assunzione, l’impegno di ognuno di noi, in primis della politica (la quale, di contro, troppo spesso è stata ancella degli interessi di parte), dovrebbe essere quello di riportare il mondo dell’impiego entro parametri di sana civiltà. Il nostro augurio è che, contro le logiche spietatamente capitalistiche del profitto, possa essere finalmente chiaro a tutti che il lavoro, con le tutele e le garanzie ad esso connesse, non è da intendere come un privilegio o una concessione dall’alto, bensì è un DIRITTO – peraltro costituzionalmente sancito nel primo articolo della Carta – che quindi spetta a tutti, in maniera giusta e dignitosa.
Pertanto, sulla scia del ricordo dei “Martiri di Pietrarsa”, buon Primo maggio, con memoria e consapevolezza.