È nella nostra cultura dal III Sec. d.C. circa, ma non da sempre è il Patrono di Napoli. Il suo sangue infatti si lìquefa fin dal 306 d.C. quando Eusebia (la sua nutrice, narrano le cronache religiose) ha posto delle ampolle con il suo sangue affianco al corpo in processione. Ma solo da quando la città tutta ha fatto voto di costruirgli una sontuosa cappella se avesse fermato la peste del 1526-29, e dopo che nel 1631 il suo corpo esposto ha fermato a Portici la lava del Vesuvio , il popolo di Napoli ha realmente capito che c’era un legame speciale ed ha gradualmente accolto San Gennaro come suo Patrono e salvatore. È infatti solo nel 1646 che viene finalmente dedicata e inaugurata la monumentale “Cappella del Tesoro di San Gennaro”, che da allora in poi avrebbe accolto gli ex-voto frutto della gratitudine di tutti coloro che hanno ricevuto una “Grazia” dal Santo: nobili, popolani, re e regine tutti accomunati dalla devozione, e tutti talmente grati che in poco meno di 150 anni il tesoro accumulato dal culto di S. Gennaro ha raggiunto una mole tale di oggetti – preziosi e non – da rendere necessario l’allestimento di ambienti ad-hoc per contenerlo e proteggerlo. Ed è così che in epoca moderna è nato il Museo del Tesoro di San Gennaro, (a cui si accede dall’ala destra dei porticati che circondano la piazza) che oggi custodisce, cataloga e restaura uno dei tesori preziosi più importanti al mondo.
La biografia del Vescovo Ianiarius , 272 d.C. (circa) – Puteoli 305 d.C. (consultabile sull’enciclopedia online wikipedia qui) , oltre a essere una perfetta esegesi di compassione e rispetto per coloro che soffrono, lega indissolubilmente la città di Napoli a quella di Pozzuoli :
(in foto il Tempio-Duomo di Pozzuoli di recente inaugurato dopo il ventennale recupero del Tempio di Augusto inglobato dall’edificio seicentesco)
è infatti lo stesso Procolo, diacono della chiesa di Puteoli, a criticare apertamente la decicione presa nei riguardi di Ianuarius e dei suoi accoliti a pochissima distanza dal martirio stesso, prcurandosi così anch’egli una sentenza di morte per sbranamento nel lougo oggi chiamato Solfatara (all’epoca Forum Volcani).
Quando si pensa alla città di Napoli e alla grandezza della sua devozione per San Gennaro si deve sempre pensare che il culto è come la sua Città, ha attraversato lunghi periodi bui di negazione e denigrazione, soprattutto all’indomani del diffondersi dell’Illuminismo in europa, quando una folta schiera di “Viaggiatori” nobili ed eruditi, non ultimo il Marchese De Sade, sull’onda di uno scetticismo sarcastico e sprezzante (a penosa imitazione del “Candido” di Voltaire), nel narrare i culti di devozione dei santi della cultura Partenopea (Santa Patrizia, San Gennaro ecc) li riducevano a una banale eccitazione popolare con artifizi di dubbia legalità, con sangue di dubbia provenienza, riproducibili a comando con “dovuti ingegni alchemici” .
ebbene rinnoviamo l’invito a chi legge a ripercorrere con adeguata preparazione i luoghi della storia di San Gennaro a Napoli avvalendosi magari della collaborazione di giovani come la già citata Cooperativa “La Paranza” : da un approccio intelligente nascerà la consapevolezza che Napoli è il suo Patrono e Napoli è la sua Devozione.