Fare la Drag Queen è una forma d’arte. Portare un personaggio che rappresenta te stesso davanti a tutti è come portare il lato di sé più nascosto, divertente, eccessivo ed esagerato. Le Drag Queen ci fanno divertire con il loro trucco eccessivo, i vestiti sgargianti e la parlantina sciolta, ma è un’attività tremendamente seria.
Mariano Gallo, artista napoletano, con il suo alter ego Priscilla, dopo aver conquistato l’Italia in breve tempo, ha trovato la sua isola felice in Mykonos.
Nota la partecipazione nel programma “Al posto tuo” con Alda D’Eusanio in fascia protetta nelle vesti di Priscilla, la sua apparizione fece scalpore e da lì l’inizio della sua carriera di Drag/performer dopo anni di esperienza nei teatri italiani.
Priscilla nasce in uno studio televisivo e Mariano la fa diventare una parte di sé, però senza farla prevaricare nella sua vita privata… Lui è Lei e viceversa, uniti e separati come le due facce della stessa medaglia. Favolosità inclusa!
Oggi ci racconta a cuore aperto della sua carriera, del suo mondo e sul fenomeno Drag Queen.
Ho visto il documentario di cui sei protagonista e, per prima cosa, mi viene da chiederti questo: secondo te se fossi rimasto a Napoli la tua carriera sarebbe stata diversa?
Napoli per me è stata una grande scuola, considera che io ho cominciato ad esibirmi nei ristoranti, nelle taverne, alle feste private, nelle piazze, ai matrimoni, anche un addio al laicato per un ragazzo che stava per prendere i voti. Il pubblico napoletano è abbastanza difficile per cui ho imparato a gestirlo e cominciare la carriera dovendo gestire un pubblico ostico ti fa “fare le ossa”. Sono sicuro che se fossi rimasto a Napoli la mia carriera non sarebbe decollata. Anche quando mi esibivo a Napoli, per dieci anni ho sempre fatto le stesse cose senza riuscire a varcare i confini della Campania. Oggi vengo criticato per il fatto che lavoro prevalentemente all’estero, ma fuori dall’Italia il lavoro di Drag è considerato come un vero lavoro, non solo…un uomo vestito da donna. Qui a Mykonos ho un pubblico variegato ed internazionale che mi permette di crescere e lavorare in tutto il mondo.
Quanto c’è di Mariano (il tuo lato “civile”) in Priscilla?
Priscilla e Mariano sono le due facce della stessa medaglia, sono attaccate.. ma di schiena, quindi non si incontrano mai faccia a faccia, perché Mariano è diverso da Priscilla è discreto, calmo non ama la confusione. Priscilla è la parte esagerata. C’è tanto di Priscilla in Mariano; c’è la disciplina, la serietà e l’intelligenza. Priscilla è costruita da me e mi fa vivere la mia parte stravagante e forse per questo, per compensare, nel privato sono così tranquillo.
Il fenomeno Drag Queen spacca in America con America’s Next Drag Queen, qui è ancora un fenomeno di nicchia, secondo te in Italia non siamo pronti al grande salto?
Il fenomeno Drag in America è gestito diversamente ed è un grosso business, un personaggio che va in televisione ha le porte per accedere in altri ambiti lavorativi. In America sono più avanti, anche intelligenti dal punto di vista artistico pechè hanno capito che è un fenomeno che attira gente e loro lo sfruttano nel migliore dei modi. Le Drag in America sono rispettate per la storia che hanno alle spalle, vedi i moti di Stonewall. Io dico che sono delle sacerdotesse nella storia LGBT. In Italia c’è ignoranza, non sono rispettare, vengono associate all’identità sessuale e molti credono che sia solo un uomo gay che sfoga il suo lato femminile salendo su un palco. Purtroppo è vero che tanti gay fanno le Drag solo per sfogarsi e senza curarsi del lavoro che stanno affrontando. Io curo ogni singolo dettaglio, mi sento in dovere di rispettare il pubblico che paga per vedermi. Bisogna saper gestire anche le situazioni, improvvisare, saper parlare, tenere un limite da non valicare e conoscere l’attualità che ci circonda.
Ti è mai capitato di essere giudicato male o insultato per quello che fai?
Mi è capitano all’inizio di essere stato insultato, il pubblico non mi conosceva e spinti dalla loro ignoranza mi beffeggiavano con le solite espressioni omofobe. Io ho cominciato a rispondere a tono, facendogli capire che mi dovevano rispettare, e, per non rovinare il mood dello show, con ironia e classe rispondevo durante lo spettacolo stesso. Sono stato giudicato male nel privato dalle persone che frequentavo, non dalla mia famiglia, i miei genitori sono orgogliosi e mia madre mi aiutava anche a cucire i costumi. Nelle mie storie cerco di non portare Priscilla a “casa” come fanno molte altre drag. Io sono un attore e Priscilla nasce e muore ogni volta sul palco. Nelle mie relazioni c’è solo la persona e per farlo capire ho dovuto faticare non poco.
Ti manca la scena LGBT di Napoli?
Si, mi manca anche se io una volta l’anno ci vengo a lavorare. Sono in contatto con loro e lì presento anche Omovies, il festival del cinema LGBT. La comunità mi ha sempre sostenuto e non ho mai perso il contatto con loro e non intendo perderlo.
Su Youtube il documentario:
PORTRAITS FROM MYKONOS – PRISCILLA DRAG QUEEN JACKIE’O MYKONOS