“Benvenuto Antonio!”: mercoledì scorso è arrivato il tweet presidenziale, tanto sintetico quanto atteso, ad ufficializzare una notizia ormai certa da giorni, ovvero l’arrivo di Antonio Conte sulla panchina del Napoli.
L’ingaggio dell’ex tecnico di Juventus e Inter ha immediatamente riportato grande entusiasmo in un ambiente depresso dalla devastante stagione post scudetto: il nome di Conte, tra quelli dei candidati alla successione di Calzona, era probabilmente l’unico in grado di riaccendere, nei tifosi, le speranze di un immediato ritorno alla competitività ai massimi livelli.
Del resto, la carriera dell’allenatore salentino, protagonista con la Juventus e con la Nazionale da giocatore, parla chiaro: dopo l’esordio in serie B sulla panchina dell’Arezzo, alternandosi con un certo…Maurizio Sarri, Conte ha vinto il campionato cadetto prima con il Bari e poi con il Siena, esperienze inframezzate dal non fortunato primo approccio alla Serie A con l’Atalanta.
Proprio alla promozione con la squadra toscana è legata però anche la macchia più grave della carriera di Conte da allenatore: nel 2012 infatti, in seguito alle dichiarazioni del suo calciatore Carobbio, il tecnico, dopo un tentativo di patteggiamento, fu squalificato per 4 mesi dalla giustizia sportiva per l’omessa denuncia delle combine messe in atto da alcuni calciatori del Siena, relativamente alle partite contro Albinoleffe e Novara.
Per Conte, già coinvolto suo malgrado come tutti i giocatori della Juve di Lippi nelle accuse di doping, per le quali il club ha beneficiato della prescrizione, nel 2016 è comunque arrivata l’assoluzione, da parte della giustizia ordinaria, dalle accuse di frode sportiva “per non aver commesso il fatto”.
Se qualcuno fatica ad accettare che un club come il Napoli di De Laurentiis, vessillo della parte più sana e trasparente del calcio, si sia legato a una figura comunque controversa, la stragrande maggioranza di tifosi e addetti ai lavori è pronta a “scordare il passato” in nome della vittoria, risultato che con Conte arriva effettivamente quasi in automatico.
Ne sono un chiaro esempio i tre scudetti consecutivi arrivati sulla panchina della Juventus e la Premier vinta con il Chelsea: in entrambi i casi l’allenatore leccese è arrivato dopo stagioni disastrose, al termine delle quali bianconeri e “blues” erano rimasti fuori dalle Coppe Europee, coincidenza che non è sfuggita a nessuno degli scaramantici supporters azzurri.
D’altro canto, Conte ha già dimostrato di saper mettere da parte il proprio DNA juventino, riportando nel 2021 l’Inter, acerrima rivale della Vecchia Signora, alla vittoria di uno scudetto che mancava dai tempi del triplete.
L’unica pecca dal punto di vista tecnico dell’ex allenatore della Nazionale, con cui nel 2016 ha sfiorato la semifinale degli Europei perdendo ai rigori con la Germania, sembra essere la difficoltà nelle Coppe o comunque nella gestione del doppio impegno.
Sempre male in Champions, gli unici risultati di rilievo di Conte in Europa restano la semifinale di Europa League raggiunta con la Juventus nel 2013, mancando la possibilità di giocare la finale in casa, e l’atto conclusivo dello stesso trofeo perso con l’Inter contro il Siviglia nel 2020, a campionato finito, nella inedita “final eight” giocata in Germania ad Agosto per via del Covid.
Più noti sono invece i problemi legati al carattere di Conte, che nelle difficoltà tende a difendersi…attaccando la propria società, sempre rea di non accontentare in pieno l’allenatore sul mercato.
Sono rimasti celebri il burrascoso addio alla Juventus nel 2014, a poche settimane dall’inizio del campionato, con la famosa metafora del “ristorante da 100 euro in cui non si può mangiare con 10 euro”, e l’esonero “indotto” al Tottenham, dopo le tante frecciate che costrinsero la dirigenza inglese ad allontanare il tecnico.
In tal senso, sarà effettivamente tutta da verificare la coesistenza con un altro personaggio carismatico e fumantino come il presidente De Laurentiis.
Sono questi gli aspetti che sottolinea chi è scettico sulle sorti di Conte al Napoli, ma francamente le perplessità, che arrivano soprattutto dagli ambienti milanisti e juventini, sembrano più che altro frutto dell’invidia per quello che oggettivamente è un grande colpo messo a segno dal club partenopeo.
L’ingaggio di Conte, dopo un anno in cui non si è raggiunta l’Europa, dimostra la grande solidità economica del sodalizio azzurro, unico club italiano in grado di offrire al vulcanico allenatore pugliese un ingaggio all’altezza del suo pedigree: del resto, non molte società possono vantarsi di aver portato sulla propria panchina allenatori come Rafa Benitez, Carlo Ancelotti, Luciano Spalletti e Antonio Conte.
D’altro canto, così come il Napoli anche il tecnico è alla ricerca del riscatto, dopo un anno e mezzo ai box e le panchine dei top club europei che sembrano averlo un po’ snobbato, forse per via del traumatico divorzio con il Tottenham.
Conte, che già pochi mesi fa aveva manifestato il desiderio di misurarsi nella piazza partenopea, e che proprio a Napoli ha segnato il suo primo gol in Serie A (Napoli-Lecce 3-2 del 5 Novembre 1989), sembra dunque essere davvero l’uomo giusto per guidare il rilancio degli ex Campioni d’Italia, dopo una stagione che il suo “alter ego” Maurizio Crozza definirebbe sicuramente… “agghiaggiande”.