Ormai tutti lo sanno: Il miracolo di San Gennaro si ripete tre volte all’anno nel Duomo di Napoli. Ma in Campania c’è un altro luogo dedicato al culto di questo amatissimo Santo: il Santuario di San Gennaro a Pozzuoli, presso la Solfatara che fu il luogo del suo martirio.
Quando “Gennaro” era Vescovo di Benevento, venne a conoscenza dell’arresto dell’amico Sossio, allora diacono di Miseno. Per dare il proprio appoggio a quest’ultimo, “Gennaro” si recò in visita presso la comunità cristiana del luogo insieme al lettore Desiderio e al diacono Festo. Ma Dragonzio, l’allora governatore della Campania, fece arrestare anche i tre religiosi in visita, poi fu nei pressi della Solfatara, che nel 305 “Gennaro” e i suoi amici furono decapitati facendo appoggiare la testa su di una pietra. Secondo la tradizione, la pietra, sulla quale venne poggiata la testa del Santo, si macchiò di sangue mai più scomparso. La pietra é custodita dentro una teca in vetro, e le macchie di sangue diventano distinguibili e di un rosso vivo quando avviene il miracolo della liquefazione del sangue nel Duomo di Napoli .
Nel luogo in cui “Gennaro” subì il martirio, venne eretta una basilica che fu dedicata a lui. Distrutta durante l’eruzione della Solfatara del 1198, fu ricostruita a più riprese, fino alla versione del 1584, epoca in cui le venne affiancato il convento dei Frati Minori Cappuccini.
Nel 1700, subì gravi danni a causa di un grande incendio e dei frequenti terremoti, Dal febbraio del 1945 il santuario è diventato parrocchia e intitolato a San Gennaro vescovo e martire e ai Santi Festo e Desiderio martiri.
Nella cappella destra dell’unica navata della chiesa del Santuario di San Gennaro a Pozzuoli sono custoditi la pietra su cui venne decapitato e un pregiato busto del Santo risalente al XII secolo d.C.
La leggenda racconta che:
durante l’epidemia di peste del 1656, che stava mietendo vittime tra gli abitanti di Pozzuoli, il busto venne portato in processione dal Santuario fino all’anfiteatro Flavio. Mentre il corteo procedeva, sul collo del Santo sarebbe emersa una macchia giallastra che divenne sempre più grande ed evidente. Una volta che il busto giunse all’anfiteatro, la macchia era divenuta un enorme bubbone, tipico sintomo della peste. Davanti agli occhi attoniti dei presenti il bubbone si ruppe, diffondendo un forte odore di bruciato, e sul busto rimase solo la macchia, ancora oggi visibile a chi si reca nel Santuario di San Gennaro a Pozzuoli. La peste se ne andò da Pozzuoli.
Successivamente il busto di San Gennaro fu vittima di un miserabile atto vandalico da parte dei pirati saraceni, che gli staccarono il naso con un colpo di scimitarra. Vani risultarono tutti i tentativi di restaurare la statua, tutti i nuovi nasi cadevano, finché alcuni pescatori non ritrovarono in mare il naso originale, che, portato nei pressi del busto, volò a riposizionarsi miracolosamente sul volto del Santo.