Sabato 24 agosto si sono chiusi per sempre gli occhi di Mario Martinelli, quegli stessi occhi che non erano mai stanchi di ammirare le montagne. Lo scrittore montanaro aveva 57 anni, fu molto spesso paragonato a Mauro Corona per la passione che li accomunava, per la narrazione schietta e lo stile di vita spesso fatto di eccessi. La sua vita era incentrata sulla scrittura, i viaggi, le capre e le esperienze. La malattia al fegato diagnosticata vent’anni fa non recintò il suo spirito, ma lo indusse a tornare in Vallarsa, rifugiarsi in quella che fu casa di sua nonna e vivere di poco, in maniera modestissima e godere dello spettacolo e delle ricchezze che la natura circostante poteva donargli, un ritorno all’essere primordiale. La malattia di Mario non è stata la fine, ma ha segnato l’inizio di una vita da scrittore: tra i monti è stato partorito il Signor Broz, il suo personaggio più conosciuto. La terra gli è entrata nel sangue e l’ha difesa combattendo, resta memorabile la battaglia contro la strada di Obra: trascinò in Vallarsa gli assessori provinciali e bloccò lavori già appaltati, perché lassù altro asfalto non serviva. La montagna di Martinelli era vissuta e popolata da personaggi autentici che finivano nei suoi romanzi dove gli uomini rispettano l’ambiente perché solo in armonia con esso che si può vivere e quando un lupo uccise le sue due caprette Mario soffrì molto, ma non ebbe dubbi: «Non è colpa del lupo se la gente ha lasciato la montagna e il bosco si è preso tutto lo spazio. Non ha senso parlare di abbattimenti. Cerchiamo di ripopolare la montagna, conteniamo il bosco».
Anche se il jobrero non c’è più restano i libri, le iniziative da lui ideate ed il ricordo del suo sorriso.
Il Camminatore
Libro inusuale nella produzione del popolare scrittore trentino, costruito su un sapiente gioco di rimandi tra una Innsbruck di fine Ottocento e i versanti e le dorsali della lunga ininterrotta catena alpina che collega il Tirolo alla Vallarsa, “Il camminatore” è la saga di un uomo che parte dal proprio piccolo paese natale, sperduto fra le verdi rotondità delle colline della Croazia, per andare alla ricerca delle proprie radici, in una lontana terra ai margini dei monti, dove già, quando tira il vento giusto, l’aria è satura di acqua di mare. Il lungo viaggio a piedi dell’uomo dagli occhi di carbone attraversa terre e villaggi di tempi ormai lontani, e Martinelli sa restituircene suoni, odori, voci e consuetudini con la spontaneità e la freschezza di chi ci abbia da sempre vissuto. I flash back della narrazione ci riportano indietro fra i vicoli carichi di storia delle cittadine tirolesi, mentre su tutto domina, nuda e tagliata dalla luce cruda del sole, la cresta affilata dei monti, che Il Camminatore percorre con la lievità di un’ombra…
Il Signor Broz. Un doppio giro di vita
” … e gli era sempre stato chiaro, fin da ragazzo, come si sentiva bene nell’entrare in un bosco, tra gli alberi, o rimanere sdraiato sul prato, un filo d’erba in bocca, il contatto tra la schiena e la terra, lo sguardo lassù nella profondità del cielo; un cielo dove ci si può specchiare e, a volte, d’un azzurro irreale che rende il cielo stesso un ideale; la perfezione sublimata a livello etereo che fa maggiormente percepire il pulsare della vita; un cielo di cristallo, sorretto dalle guglie barocche delle Piccole Dolomiti e dalle arrotondate cime delle montagne più anziane…”
Il verde contrafforte. Piccola escursione sul monte Corno.
Piccola escursione sul monte Corno, sul verde contrafforte, come lo chiama Mario Martinelli, sono pagine che escono dagli appunti di viaggio di Mario, da quel suo diario nero pece che lo ha già accompagnato nel cercare di far rivivere, attraverso il signor Broz, il Capra, il Cherubino, la Catalina, il Grosta, il piccolo Riccardo, quei piccoli tasselli di un piccolo mondo antico, forse destinato a scomparire.Mario – il “Guardiano del Corno”, come qualcuno lo ha soprannominato, dopo che nell’inverno 1999 le giornate passate lassù, vegliando sulle eredità lasciate dalla Grande Guerra e nella sua personale ricerca della maturità e della felicità, sono state più di cinquanta…dall’alba al tramonto – attraverso questa escursione cerca di farci capire qualcosa di più sulla sua decisione di dare definitivamente una svolta alla sua vita, di fuggire dal suo lavoro di rappresentanza commerciale, dalla città, per dedicarsi – ormai da sette anni – ai boschi, alle montagne e alle capre. Lo stile del racconto dei vari momenti di questa escursione è essenziale, colloquiale perché quel che importa a Mario Martinelli è far comprendere un semplice messaggio: il germoglio della buona vita va ricercato nel verde, che sulla tavolozza dell’esistenza è la base cromatica di quell’arcobaleno di gioia che – se vogliamo – possiamo sempre cogliere dopo gli inevitabili temporali incontrati nelle pieghe del vivere quotidiano. Un verde che, per Mario, non è solo arbusti, rami, foglie ma anche aria pulita, acqua limpida e, soprattutto, silenzio; i tre elementi che pervadono le sue giornate passate girovagando per i prati con le capre ma anche su per i valloni del monte Corno. Il monte amico, maestro, consigliere, protettore, consolatore ed accompagnatore sui suoi sentieri di pace e di guerra, come lui ama definirlo. Un monte messo a ferro e fuoco in tempi di guerra e che ora, anche se si risveglia ogni mattina un po’ annoiato, può donare a chi lo sale, a chi lo vive, a chi lo vuole abitare anche solo per qualche ora, quelle sensazioni ed emozioni che possono portare a quella maturità raggiunta da Mario. Da lassù, dopo il suo girovagare, da solo, con il caldo, con la neve, con la notte senza luna, dopo aver vegliato i temporali da dentro gli umidi budelli nella roccia, dalla meditazione sul bordo dei precipizi, Mario Martinelli non scende con delle ricette per un mondo migliore, che comunque va dove deve andare lo stesso, ma con l’invito a cercare nel verde quelle zolle di terra passata e presente che impastate possono produrre quel terreno fertile per il germogliare di una personale buona vita futura.
Il mondo di Alfio Skorzan
Alfio conduce una vita silenziosa e solitaria. La solitudine è per lui una ricchezza, un incessante esercizio di conoscenza di sé. Il suo unico legame è la Montagna, la sua unica compagnia la lettura. Nelle passeggiate tra i boschi o lungo le creste dei campi si abbandona alla meditazione, lascia lievitare lo spirito oltre le cime, oltre le creste degli alberi, fino a perdere contatto con la materialità e la quotidianità delle cose. Un mondo di piccole gioie, di equilibri sottili, di armonia con la natura e con il proprio Sé. In questo mondo fa la sua improvvisa comparsa la signorina Antea, proveniente da una grande città, ma che è nata e ha trascorso l’infanzia in montagna. Seguendo i sentieri di Alfio e i suoi racconti, sui monti di Arbo la donna riscopre la purezza di un antico vincolo con quella terra e quel paesaggio, si lascia trasportare dal fascino della vita semplice, dalla vertigine di una ritrovata nostalgia. Sarà il fuoco di un bivacco e il suo silenzio crepitante a produrre un abbraccio intenso, ad accendere un sentimento sopito, un sogno a occhi aperti, una storia d’amore. La Montagna come leva del sentimento, luogo di emozioni, è descritta a tinte vivide. La prosa di Martinelli sembra cogliere la nettezza di ogni riflesso luminoso, di ogni diradante sfumatura e rimanda ai tratti impressionisti dei grandi scrittori di montagna.
Lo spirito del bosco
L’amicizia semplice e forte di due giovani, Fortunato e Livio, uniti da una comune passione: la Montagna, vissuta come luogo privilegiato dove raggiungere il più profondo contatto con se stessi.
In un mondo dal saporoso gusto arcaico dove il cibo profuma ancora di terra e di fuoco e le relazioni fra gli uomini possiedono “un’armonia la cui scaturigine è nella semplicità e nell’assennatezza”, Fortunato e Livio, “cresciuti in simbiosi con la natura e nell’osservanza delle sue leggi”, percorrono i boschi ed i sentieri che attraverso il Passo Buole uniscono Ala e la Vallarsa. E così camminando, in allegria scanzonata e in reverente ascolto, attraverso paesaggi profumati di muschio e di funghi, i due finiscono per incontrare lo Spirito del Bosco, che li guida a ricongiungersi con un Hic et Nunc, con un Qui e Ora, denso di vita e di conoscenza.
Lo strano inverno del brigadiere
Giunto al quindicesimo libro dell’avventurosa saga della Vallarsa, Mario Martinelli ci trasporta in una candida Obra, immobilizzata sotto il peso di una spessa e cotonosa coltre di neve, che intralcia gambe e pensieri a uomini e bestie. Sotto un cielo grigio traboccante di fiocchi, il brigadiere Cecchetto e il suo appuntato Masetti cercano invano di farsi una ragione di quella natura sovrabbondante e selvaggia, che non vuol proprio smetterla di ammassar metri di materia bianca sui tetti e sulle strade. E mentre cercano di sciogliere l’intricato caso che coinvolge Alfonso e la sua giovane e avvenente nipote Elsa, si trovano pian piano a sprofondare in un viluppo di indizi strani e contraddittori, che li rimandano a ipotesi sconcertanti che mai avrebbero pensato di prendere in considerazione. Libro giallo venato di conturbanti sfumature gotiche, “Lo strano inverno del brigadiere” coinvolge il lettore in una trama inaspettata, che rimanda a leggende che si perdono nella notte dei tempi…