- Trama: Chi è Aras? Perché una giovane adolescente arriva a prendere una drastica decisione? Si può uscire dal silenzio della solitudine? Le autrici ci introducono con sapienza e grande maestria nel fenomeno bullismo, dal suo manifestarsi “tradizionale” nelle forme di aggressione face to face alla sua evoluzione in cyberbullismo o bullismo elettronico. E’ la solitudine il sentimento che prepotentemente prende vita dalle testimonianze di chi il bullismo l’ha subìto, l’ha superato, l’ha combattuto. La solitudine delle stesse vittime, dei genitori, a volte degli stessi carnefici. Storie che narrano di sopraffazioni e fragilità, ma anche di voglia di futuro e di coraggio.
Un quadro psicologico e sociologico che non potrà non sorprendere i lettori. Un libro per tutti, ragazzi, famiglie, docenti, per l’intera odierna società. Edizioni Radici Future
- Recensione: Più che un libro si tratta di una serie di pugni allo stomaco, una raccolta di eventi realmente accaduti che spesso hanno segnato irrimediabilmente chi ha subito soprusi e vessazioni che la maggior parte delle volte hanno portato la vittima a porre fine alla sua vita. Ragazzi e ragazze spesso perseguitati senza motivo apparente o perchè si differenziano dalla massa solo per avere un capello fuori posto. Il bullismo è sempre esistito, ma eventi di tal violenza erano più rari, spesso erano solo sfottò a ripetizione, ora con il progresso anche questa barbarie si è evoluta: con i social si può attaccare la vittima in qualsiasi momento rendendo globale l’umiliazione. Spesso si è bulli anche non volendolo, solo perchè si ha paura di essere esclusi dal guppo, ma ciò non giustifica, peggiora solo le cose. Si parla di ragazzi con famiglie solide alle spalle, non casi pietosi dove la violenza è la sola via d’uscita, sono quelli che per qualche like in più passano sui coetanei travolti dalle loro cattiverie. Ma ad essere additati non sono solo quelli che, ma anche i professori che muti spettatori in ciò che accade nelle loro aule fanno spallucce sminuendo il tutto con: “Sono ragazzate, passeranno e poi le cose che accadono fuori le mura di scuola non ci interessano.”. Un libro che renderei obbligatorio in tutte le scuole.
- Antonella Caprio è nata a Torino, dove vive e lavora come insegnante. Autrice di sceneggiature e testi teatrali, ha scritto con il fratello Franco Caprio tre romanzi pluripremiati IL SEGRETO DEL GELSO BIANCO (Besa Editore); NON C’È CUORE (Betelgeuse Editore); NEL SILENZIO PARLAMI ANCORA (Besa Editore). Coautrice con Daniela Ciriello per Radici Future del libro UN GRANELLO DI COLPA— nessuno giustifichi la violenza sulle donne. Molto attiva in ambito culturale è fondatrice e coordinatrice, insieme a Mariarita Mercurio, di un salotto letterario ubicato nella città in cui vive: “LA MIACASA LETTERARIA”.
- Annamaria Minunno barese, giornalista professionista, organizzatrice di eventi culturali di caratura nazionale, da anni si occupa di promozione della lettura anche realizzando progetti nelle scuole e per le scuole. Crede che mettersi in gioco sia il modo migliore per ottenere un mondo più vivibile. Si occupa di uffici stampa culturali.
- Carla Spagnuolo è nata a Bari, entra in magistratura nel 2002 e dal 2012 svolge le funzioni di pubblico ministero presso la Procura per i minorenni di Bari.
INTERVISTA AD ANTONELLA CAPRIO
La storia di Sara, seppur di fantasia è un sunto di vari episodi di bullismo. Lei è un’insegnate, le è mai capitato di assistere a tali manifestazioni?
La storia di Sara è una storia di fantasia ispirata, in linea generale, a due storie vere: quella di Carolina Picchio e quella di Amanda Tod. Divenute celebri alla cronaca per il loro tragico finale e perché sono stati i primi casi ad accendere i riflettori dei media sul fenomeno bullismo. Gli “scherzi” narrati, invece, sono stati raccontati pedestremente, nel senso che sono forme di vessazione reali alle quali ho assistito personalmente (come studentessa o come insegnante), anche se tali angherie sono molto consuete nei casi di bullismo. Il fine del bullo è quello di mantenere la posizione di leader di un gruppo, ed esercita il suo potere umiliando la vittima, annientandola, e rendendola ridicola agli occhi di tutti con offese verbali, scritte e atti di violenza non solo psicologica ma anche fisica.
Lo scopo che mi sono prefissata nello scrivere il mio racconto è stato quello di testimoniare, attraverso la “finzione” letteraria, le atrocità che i nostri bambini e ragazzi sono capaci di commettere a scapito dei loro pari, oltre che descrivere le varie caratteristiche (psicologiche, emotive, affettive e cognitive) dei personaggi – bullo, gregario attivo, gregario passivo, vittima – che si muovono sulla scena delle malefatte ripetute. Il territorio scuola è dunque solo uno dei palcoscenici dove il bullismo si manifesta, in quanto è uno dei tanti luoghi di aggregazione come le palestre, i campi da calcio, gli oratori e quant’altro. È normale quindi che a scuola si possa venire a conoscenza di manifestazioni di bullismo (più che assistere) in quanto i bulli sono molto abili nel non farsi smascherare e spesso sono anche individui carismatici sostenuti dagli “spettatori” silenziosi, che con la loro omertà diventano anch’essi responsabili di queste forme di prevaricazione molesta. La vittima, dal canto suo, ha come peculiarità proprio l’incapacità di parlare, di denunciare i soprusi che è costretta a vivere. A volte qualcuno prende le distanze dal gruppo e accenna solo qualcosa ( è sempre la punta di un iceberg) di ciò che accade in classe al docente con il quale ha più confidenza. A me, in tanti anni di servizio, è capitato solo negli ultimi tempi di essere informata da parti di allievi o di vedere alunni intristirsi, isolarsi e calare nel rendimento scolastico, ma prima di intervenire sul presunto bullo cerco sempre di capire, di prestare maggior attenzione alle dinamiche di gruppo nei momenti di ricreazione per cogliere sul fatto l’eventuale bullo e poi intervenire in modo energico, che non significa in modo punitivo fine a se stesso, ma cercare di ripristinare il giusto equilibrio fra le relazioni interpersonali.
Come hanno accolto i suoi alunni “Io valgo di più” ?
Ai miei alunni non ho letto il libro “IO VALGO DI Più”, né l’ho proposto all’Istituto nel quale insegno. Presento e ho presentato in varie scuole d’Italia i miei libri ma non nella mia scuola poiché mi sembra un po’ autoreferenziale. Alunni, genitori e colleghi sanno che scrivo e se mi vogliono leggere mi leggono, come spesso accade. Poi, può darsi che un futuro potrei cambiare idea , ma per ora sono contenta così. Se mi verrà chiesto in modo specifico di presentare il libro in questione, penso che lavorerei sul testo più sotto l’aspetto teatrale, lavorando sui giochi di ruolo e sull’interpretazione di personaggi “altri” diversi da noi.
Spesso i suoi colleghi si fingono ciechi di fronte a tali fenomeni, giustificando il tutto annoverandoli a delle ragazzate. Può dare un consiglio su come comportarsi, invece?
Il fenomeno bullismo è un fenomeno complesso e difficile da descrivere in poche parole. Come ho detto prima i bulli sono molto abili nel nascondersi. Certo, per alcuni docenti è più comodo non vedere o non credere alla violenza (per tutte le complicanze che ne conseguono) ma, superate le difficoltà, i risultati che si ottengono sono di gran lunga superiori a qualunque rischio, poiché si instaura con gli studenti un rapporto basato sul reciproco rispetto e sulla reciproca fiducia con tutti: vittime e carnefici. Va detto, però, che spesso la scuola viene accusata come principale responsabile del fenomeno e qui, invece, vorrei spezzare una lancia in favore dell’istituzione scuola. Il bullo è generalmente un individuo che ha un “vuoto” che può essere di tipo cognitivo, emotivo, affettivo, sociale (raramente di tipo patologico). E questo “vuoto” non è di certo la scuola ad averlo creato, bensì la famiglia, in primis, e la società, in senso lato. La scuola dunque non può risolvere il “vuoto” (non ha questo potere, né il ruolo, né le competenze) può, però, cercare di compensare le “mancanze” e di insegnare comportamenti interpersonali corretti. La scuola deve recuperare i principi di solidarietà, di empatia, e riportarli nell’insegnamento quotidiano. Occorrono pianificazioni e strategie precise. Bisogna rieducare all’affettività e all’emotività ma non con laboratori estemporanei che lasciano il tempo che trovano, ma facendo entrare nella didattica e nella metodologia d’insegnamento valori e regole che i bambini e i ragazzi di oggi purtroppo non conoscono a causa di modelli genitoriali errati o assenti. Il bullo generalmente ha un’intelligenza emotiva limitata proprio per le ragioni suddette. La scuola è perciò l’unica chance per i bulli di recuperare sane emozioni e per le vittime di recuperare l’autostima indispensabile per affrontare la vita.
INTERVISTA AD ANNAMARIA MINUNNO
Com’è nata la collaborazione con Antonella Caprio e Carla Spagnuolo?
L’idea è stata dell’editore che ha accolto una precisa richiesta giunta da diverse scuole. Hanno chiamato Antonella, Carla e me, per dare tre punti di vista diversi su un fenomeno che si deve considerare una emergenza dei nostri tempi. Conoscevo Antonella da anni ed avevo curato la prefazione di uno dei suoi libri “Un granello di colpa”, altro titolo di Radici Future. Carla invece è stata una meravigliosa scoperta. Non ci siamo mai lette durante la stesura del libro, ma abbiamo scoperto che le nostri parti collimavano perfettamente e giravano tutte sugli stessi perni a dimostrazione dell’ottimo lavoro di ricerca fatto.