“Io sono tutte le cose. Tutti gli uomini. Tutti gli animali. Io sono Arthur Cravan.” Come altro potrebbe iniziare la romanzesca biografia di un personaggio come Cravan? Una figura oggi semisconosciuta, ma che all’epoca fece scalpore, e tanto, per la sua versatilità e irriverenza, per la sua potenza. Per la sua spettacolare inafferrabilità. Difficile da ricondurre ad un’etichetta artistica precisa, Arthur Cravan, Fabian Avenarius Lloyd, fu molte cose: poeta, critico d’arte, pugile, allenatore, disertore, imbroglione… e altro ancora. Vitale, inafferrabile. Proteiforme come solo un personaggio da romanzo (o da graphic novel) può essere.
In “Io sono Arthur Cravan”, edito da NPE nella colla “Nuvole in Temptesta“, Gabriele Tinti e Mauro Cicarè tentano di ricomporre questa figura polimorfa senza sottrarre nulla alla sua molteplicità. L’intento è dichiarato fin da quell’incipit, così caustico ed epico, pretenzioso anche – come pretenzioso in fondo era lui, Cravan – : Io sono tutte le cose…” L’intera vicenda è raccontata da lui, in prima persona, eccetto alcune brevi parentesi in cui è la voce delle figure storiche che lo hanno incontrato (Van Dongen, il pugile Jack Johnson, Lev Trotsky…) a testimoniare. Come a volerne confermare le vicende, altrimenti incredibili. L’intero volume risulta così un lungo monologo del protagonista, che si racconta con veemenza, con violenza quasi, e certo non poco autocompiacimento. Dalla devozione per lo zio acquisito Oscar Wilde (“Nipote di Oscal Wilde” dice fieramente fin dalle prime pagine) alla vita parigina di pugile e poeta (“Schernii e misi brutalmente k.o.), dalle ripetute defezioni al servizio di leva (Non sapevo neppure di quale nazionalità fossi…E poi trovavo stupido morire così”) agli amori torbidi, la voce di Cravan rivela tutto, senza tacere nulla e senza pentimenti.
In questo modo Gabriele Tinti fa ben più che ricostruire la complessa e confusa vicenda umana di Cravan: tenta, non senza successo, di restituirne al lettore la personalità esplosiva. Il racconto è racconto di sé (“Io sono Arthur Cravan” è d’altronde il titolo). La biografia si fa quasi evocazione: come in una seduta spiritica Cravan rivive entro il cerchio ( o meglio rettangolo) magico delle tavole disegnate. Tinti mantiene per tutta la narrazione un tono lapidario e poetico, uno stile assertivo deciso, estremamente paratattico; stile che se da un lato non è quello tipico dei lunghi monologhi, dall’atro ben si accorda con il mezzo fumetto e, ben più importante, con la personalità del protagonista.
La lettura diventa così, incalzante rapida ma intensa: quando Cravan descrive i suoi giorni da pugile le parole sembrano rievocare il suono dei pugni, la concitazione del ring. Immagini che subito tornano parole, accavallandosi senza soluzione di continuità alle critiche feroci che egli dispensava, con la stessa mancanza di pietà, dalle pagine del suo Maintenant! (“Adesso!”): “Inchinatevi di fronte al critico brutale. Al campione di Francia di Boxe.”
Per rendere graficamente tutto questo vengono fatte due scelte stilistiche importanti, fra loro strettamente legate. Innanzi tutto il supporto: il carboncino su carta di Mauro Cicarè plasma la materia del racconto dal fumo denso dei ricordi del narratore. Le immagini riprodotte nelle tavole si inseguono nervosamente, come in un amarcord, e sembrano concepite più in virtù della densità emotiva che della funzione narrativa. Da qui l’altra importante scelta stilistica: ridurre al minimo la scansione delle tavole in vignette. Solo quando il racconto lo esige l’azione è scandita in frame e divide la pagina in poche macrovignette. Ma per la maggior parte la successione narrativa è composta da grandi illustrazioni, “splash pages” spesso persino doppie, che immortalano come in diapositive l’intensità dei momenti più che la loro successione cronologica. Su tutto il pesante bianco e nero, che potenzia quella sensazione di ricordo, di racconto di sé.
“Io sono Arthur Cravan” non è un fumetto per tutti. E non vuole esserlo. Con accorta ma coraggiosa sperimentazione i due autori sono riusciti a ricostruire la personalità, più e oltre che le vicende biografiche, di un personaggio incredibile la cui vita si confonde con la materia stessa del Romanzo.