Sono passati ben otto anni da quando i mondo scoprì durante il devastante terremoto di Haiti le potenzialità di Twitter. Quei “cinguettii” di 140 caratteri (ora passati a 280) raccontarono la tragedia in diretta raccontta dagli stessi protagonisti del cataclisma, che ricordo, è stato il secondo terremoto più devastante della storia in termini di vittime. Ci fu l’illusione che l’informazione globale potesse essere libera e condivisa da tutti e che i social network potessero contribuire a questa libertà globale.
Otto anni dopo la situazione è ben diversa. Youtube è diventato il tempio della “monetizzazione”, su Instagram ed altri social network basati sulla condivisione di foto e video vige la dittatura “delle tette e dei culi” e Facebook per contrastare le cosiddette “fake News” introdurrà a breve le notizie certificate a pagamento.
Sulle fake news c’è da aprire una parentesi. Ormai non si tratta più solo di innocue notizie “acchiappa click” ridicole superficiali e spesso false tipo “(tuffo a) bomba a Mergellina: decine di coinvolti”, oppure ” ragazza sepolta viva in Brasile sopravvive mangiandosi le unghie”. Le fake news oggi vengono usate per coltivare odio razziale, omofobia, e sopratutto per cercare di spostare l’esito di elezioni politiche in stati democratici come la stessa Italia.
Se da una parte le notizie “certificate” di Facebook dovrebbero arginare la follia delle “fake news” che negli anni hanno trovato terreno fertile proprio nell’anarchia del social network di Zuckerberg, d’altra parte, l’informazione sarebbe gestita dai grandi gruppi editoriali disposti a pagare per pubblicare le notizie su Facebook.
E Twitter?
Twitter è dato per morto ogni 6 mesi, ma nell’ultimo trimestre ha fatto segnare un utile di 91 milioni grazie a entrate complessive più alte delle previsioni: 731,6 milioni di dollari contro 686,1 milioni. Può ancora contare su 330 milioni di utenti attivi e sta cercando di rinnovarsi con continue modifiche, ma tutto ciò non sta facendo crescere il social network fondato dalla Obvious Corporation di San Francisco come altri social.
Il cofondatore e Ceo di Twitter Jack Dorsey ha ammesso che l’utenza e gli inserzionisti trovano il sito troppo complicato da usare. E spesso l’utenza lo abbandona quando non riesce a trovare funzioni e strumenti che desidererebbe. Dorsey ha spiegato che è arrivato il momento di “semplificare Twitter e fornire agli utenti esperienze più personalizzate”.
Non mancano gli scandali: un ex dipendente di Twitter ha accusato la piattaforma di monitorare e archiviare tutto ciò che gli utenti scrivono online, compresi i post cancellati e i messaggi diretti, cioè quelli che gli utenti si scambiano in privato, con un team dedicato di 3/400 persone.
Dorsey pensa che Twitter sia troppo testuale e nei prossimi mesi ci si concentrerà di più sui video: “Il potere della parola è incredibile ma in certe situazioni si vorrebbe vedere un’immagine o un video o qualcosa di più immersivo”.
E il futuro? Malgrado le smentite dello stesso Dorsey, si continua a parlare di una cessione a Disney o Google.