Un giorno giunsero ad Avella un principe persiano, una ragazza bellissima e alcuni loro servi. Nessuno però capì che il giovane anche se ben vestito e abbastanza ricco, fosse un principe persiano, tutti pensarono al figlio di un ricco signore. Aveva modi garbati e in poco tempo riuscì a farsi voler bene dagli abitanti del luogo tanto che insieme ad alcuni giovani del posto riuscì a costruire, in pochissimo tempo, uno splendido castello. Finalmente avrebbe potuto vivere sereno il suo amore .Il principe e la bella ragazza erano fuggiti dalle loro case perché il loro amore era osteggiato dai familiari di lui perchè gli impedivano di prendere in sposa la donna della quale si era innamorato dato che non era nobile ma solo una contadina. Iniziarono così la loro storia d’amore in quello splendido castello. Ma questo amore meraviglioso ben presto si tramutò in tragedia. La ragazza, fu colpita da un male oscuro.
Subito vennero chiamati i migliori medici, ma nessuno riuscì né a capire di quale malattia si poteva trattare nè come curarla.
Morì dopo due mesi di agonia, lasciando il principe devastato dal dolore,tanto che, decise di tornare a casa da solo. Fu così che una notte in sella al suo cavallo iniziò il suo viaggio ma dopo alcuni passi,fuori dalle mura del castello, udì un suono di lira e una voce melodiosa, la voce della sua amata. Il ragazzo, certo di aver riconosciuto la voce si diresse nella direzione del suono. All’improvviso vide un ombra, ora ne era certo, era la donna amata.
Girò subito il cavallo, per correre da lei, ma questi si imbizzarrì disarcionandolo, prima di svenire, vide un panno sporco di sangue sul quale era scritto, “come in vita ci ameremo anche in morte”. Quando dopo alcune ore aprì gli occhi, il castello era stato sostituito da una immensa distesa di tombe una delle quali era vuota. Con molta fatica si mise in piedi, si avvicinò al bordo della tomba vuota e si lasciò cadere dentro morendo all’istante.
In onore di questo amore, gli avellani, iniziarono a piantare intorno al castello dei semi d’agave, “a miria”, ossia l’invidia, perché per loro, la morte dei due giovani. era stata causata solo dall’ invidia.
Ancora oggi in alcune notti di luna piena, c’è chi giura che, attraverso le finestre del castello, si vedano due ombre che passeggiano, altri affermano che in alcune notti si può sentire distintamente il suono di una lira e un dolce canto. Sono gli spiriti dei due giovani, che, né la vita né la morte sono riuscite a separare.