Le nonne napoletane sicuramente conoscono bene la storia di Lucia, la pezzentella vestita da sposa oppure “il teschio col velo”.
Non si sa molto sulla vera storia di Lucia, le versioni sono tante e nessuna di queste è fondata ma quel teschio posto nelle catacombe della Chiesa di Santa Maria delle anime del purgatorio ad arco sita in via tribunali, famosissima e storica strada, richiama ancora molti fedeli e turisti.Ancora oggi le mamme portano le loro figlie a posare un fiore o un bigliettino con dolci frasi, sogni d’amore e ringraziamenti vicino al teschio.Le grazie che si chiedono a Lucia sono di solito riguardanti l’amore, avere una famiglia felice, trovare l’uomo giusto ecc e tutto questo perché leggenda narra, quelle più famosa, che Lucia figlia di un nobile si fosse innamorata di un umile panettiere ma il padre non voleva perché la ragazza come da etichetta era già stata promessa sposa ad un giovane nobile campano e lei, affranta da dolore e costretta a lasciare e non vedere più il suo amato, il giorno del suo matrimonio dopo aver indossato l’abito bianco ingurgitò una boccetta di veleno.
Il complesso risale al 1616 e fu eretto su incarico di alcune famiglie nobili napoletane per farne un luogo di sepoltura. All’epoca la chiesa fu dedicata al culto delle anime del Purgatorio in modo che dopo la morte si potesse rendere più breve il soggiorno in quel luogo che impediva la riconciliazione con il Signore. A testimoniare la raccolta di fondi organizzata delle famiglie nobili dell’epoca, l’opera di Carlo Celano, “Notitie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli per i signori forastieri”: “La pietà de’ napoletani havendo occhio non solo a’ bisogni corporali de’ cittadini, ma anco alla sovventione dell’anime, circa gl’anni 1604 molti gentil’huomini e divoti cittadini s’unirono et andavano questurando per far celebrare messe all’anime del Purgatorio. In brieve accumularono un capitale di 6000 scudi, et eressero una congregatione dentro la chiesa parocchiale”.
Nell’Ipogeo della chiesa, a cui si arriva tramite una botola, esistono lungo le pareti diverse nicchie e altarini. Molteplici teche contengono resti umani risalenti al periodo della peste o al colera del 1836. Questo è il mondo delle “anime pezzentelle” e del famoso teschio di Lucia. Il cranio è dotato di una preziosa corona e di un velo da sposa. È adagiato su un cuscino e ha il suo nome scritto in grande sulla parete dietro. Molte sono le leggende che si nascondono dietro questo semplice accessorio. Secondo la tradizione si tratterrebbe di Lucia D’Amore, figlia di Domenico, principe di Ruffano, data in sposa al marchese Giacomo Santomago. Dato che la giovane principessa non voleva sposare il gentiluomo secondo alcuni si suicidò, per altri morì di dolore. Certi raccontano che tentò una fuga tragica, che era malata di tisi o che fu vittima di un omicidio mentre avanzava verso l’altare. Un’altra versione narra che in realtà ella fosse innamorata del marchese e che durante il viaggio di nozze fosse annegata. L’unica costante è che la giovane non riuscì a consumare il rito del matrimonio. Alla fine il padre, devoto alla chiesa del Purgatorio, decise di seppellirla nel complesso di Santa Maria. Lucia è così diventata una luce di speranza per tutte quelle donne che desiderano trovare l’uomo della propria vita per sposarsi. È conservata in un reliquiario circondato da messaggi e bigliettini che le devote le lasciano intorno per ricevere una grazia, alleviare un dolore o semplicemente per ringraziarla.
Al di sotto del teschio di Lucia giace una coppia di crani molto più piccoli, uno dei quali adornato da una coroncina. Anche per queste due anime le leggende si sprecano. Si suppone che fossero sposi che per problemi di salute morirono appena prima del giorno delle nozze. Infine, tra i resti conservati nella cripta sotterranea, accanto a Lucia, ci sono anche i teschi di alcuni dei fondatori della chiesa come quelli di Giulio Mastrillo e della moglie. Quasi a simboleggiare che coloro che vollero fortemente questo complesso continuano a stare accanto alle anime per cui lo costruirono.