Oggi torniamo alla Sanità per fermarci nel suo fulcro più antico e più moderno: La basilica si Santa Maria alla Sanità. Sorge nel punto centrale del quartiere (Piazza Sanità) dove fin dall’antichità il sottosuolo è stato luogo di culto, romano prima e paleocristiano poi, con il nome di San Gaudioso dal nome del Vescovo che qui sulle nostre coste naufragò dall’Africa Settentrionale nel V Sec. d.C. : egli rimase nella nostra terra e fondò un monastero, ebbe una vita ecclesiastica intensa che lo portò presto vicino alla santità, sancita dopo la sua morte nel 451 d.C. Da allora in poi le catacombe rimangono luogo di culto a lui dedicate.
L’intera zona rimane disabitata e pressoché “dimenticata” durante tutto il basso medioevo anche per via delle numerose frane di fango che, dalla soprastante collina di Capodimonte, si riversavano fino al borgo dei vergini (le “lave dei vergini” di cui abbiamo parlato nel precedente “capitolo” del nostro viaggio ) sommergendo ogni elemento che incontravano sul loro cammino. Solo intorno al cinquecento, proprio a partire dal borgo, parte terminale del vallone della Sanità , prende avvio l’urbanizzazione di quei rioni periferici e, con essa, torna in auge anche la loro funzione sepolcrale. Nel secolo successivo, con la costruzione della basilica di Santa Maria della Sanità esattamente sopra l’antica chiesa o cappella di San Gaudioso, il cimitero sotterraneo viene “rimodernato” con profonde alterazioni della sua struttura originaria e la distruzione di alcune sue parti. In seguito all’epidemia di peste del 1656 le vaste cave di tufo all’interno del vallone diventano così un grande cimitero a cielo aperto e qui, all’epoca di Gioacchino Murat, vengono trasferite numerose ossa provenienti dalle “terresante” cittadine nonché le vittime di altre pestilenze, come il colera del 1836.
La presenza di terra Santa (Consacrata) – e quindi di sepolture intra moenia, era identificata dal grafema o dal bassorilievo (in esterni) del teschio con le ossa incrociate. Questa simbologia si ritrova fino all’epoca contemporanea quando alla metà del XIX secolo fu emanato dalla curia il divieto per ragioni di salute e di mancanza di spazi adeguati.
Oggi resta solo una piccola porzione di quelle che furono le catacombe originarie.
La sopravvivenza, la manutenzione e la riscoperta di questi luoghi così importanti per Napoli e per la sua memoria storica e culturale, come anche le Catacombe di San Gennaro, la Basilica di S.Maria sopra citata, sono oggi possibili grazie all’impegno di Padre Antonio Loffredo che da tempo ha preso in mano le sorti della Sanità dando ai giovani del quartiere la consapevolezza e la forza di organizzarsi fino a diventare unica grande entità che crea e gestisce progetti per la rinascita sociale e culturale .
Alcuni esempi su tutti :
la Cooperativa “La Paranza”, http://www.catacombedinapoli.it/it/about) che attraverso molte competenze al suo interno rende fruibile, restaura, e riscopre giorno dopo giorno le tutte le Catacombe di Napoli
L’orchestra giovanile “Sanitansamble” http://sanitansamble.it/chi-siamo che oggi si esibisce anche in televisione o per il Papa e che nonostante la celebrità è – e rimane sempre – un laboratorio aperto a tutti i ragazzi del quartiere portati per la musica che attraverso questa vogliono uscire dalla quotidianità e dedicarsi alla loro passione.
La Fondazione Rione Sanità http://fondazionerionesanita.org , che con le sue iniziative di sostegno all’apprendimento scolastico, alle famiglie e all’integrazione è un punto di riferimento nel quartiere a disposizione di chi necessita di sostegno quotidiano in queste tematiche.
Il Nuovo Teatro Sanità http://www.nuovoteatrosanita.it/ dove (cit: ) “Oltre alla ricca produzione stagionale [..] si tengono laboratori e corsi della “bottega teatrAle” promossa dalla Fondazione Alessandro Pavesi Onlus: oltre 70 bambini tra i 7-15 anni utilizzano la finzione teatrale come metafora della realtà, portano in scena personaggi della commedia dell’arte o della loro fantasia, ed entrano a contatto diretto con la cultura, in modo integrativo rispetto alla scuola.”