Trama: Questo romanzo, ambientato nella Sicilia del 1934, dà contezza del fatto che chiunque può meritarsi la propria felicità a prescindere da quanti sbagli possa aver commesso nella vita, a condizione di conoscere un bravo sensale di matrimoni.
Inutile provare a spiegare ai paesani riuniti al circolo che a Nova Yorka vai a lavorare con il sobuei, che con cinque anni di duro lavoro ti sei comprato un paio di carri e fai l’aisman, l’uomo del ghiaccio: quelli, zappaterra e mastri di manicola, una ghiacciaia non l’hanno mai vista e non sanno che cos’è un’aisplant — la fabbrica del ghiaccio dove vai a prendere i blocchi da distribuire casa per casa.
E più provi a spiegare, con particolari e cunto di storie, più si sentono presi per il culo.
Rocco aveva abbassato il finestrino della macchina e si godeva l’odore della sua terra. Nel suo animo avvertiva sensazioni contrastanti. Pensava a Lisetta e ai suoi figli e provava vere fitte di dolore al petto. L’odore della zagara lo riconduceva alla terra, al tempo scandito dalle stagioni, alle generose fioriture degli aranci, ai frutti succosi e colorati.
Mimmo fece finta di non accorgersi di quelle lacrime che a tradimento scendevano sulle guance del suo passeggero.
Continuò a parlare del più e del meno.
Il sapore del caffè che Rocco aveva bevuto gli fece venire in mente i tavolini all’aperto nella piazza del suo paese, le chiacchiere tra i giovani la domenica, le ragazze che andavano a messa con il vestito buono.
Gli sembrò di aver vissuto tutto questo in un tempo lontano.
In un’altra vita.
21 Lettere
Recensione: Ringrazierò sempre Andrea Camilleri per avermi insegnato quel pizzico di siciliano, dialetto magnifico che mi ha fatto apprezzare ancora di più questo libro.
Una storia che porta in un angolo sperduto della Trinacria, tanti anni fa, periodo fascista, dove le notizie viaggiavano veloci, non grazie ai media, ma con i “cunti”, i racconti, quelli fatti al bar, seduti al tavolino, su sedie impagliate, mentre si gioca a carte.
C’è il sogno americano, la voglia di togliersi di dosso la fame, ma si devono sempre fare i conti. In questo caso, ben diversi dai cunti. Pagare il conto significa rinunciare alla vita. La “‘Merica” non sempre è quella del sogno e può diventare un incubo.
I personaggi che popolano Piedimonte Etneo sono svariati, perlopiù uomini. C’è il Podestà Scornavacca grande fan del Duce; gli oppositori comunisti come Spartà; il rivoluzionario Spada, danno il via ad una storia originale, formata da tanti racconti, narrati da voci differenti, ma che nel complesso costruiscono qualcosa di lineare e solido.
Il Danso è la terra di origine, una terra che non ha mai dato molto di che vivere, ma rappresenta le radici, ci si ritorna con la voglia di ricominciare e renderla fruttuosa.
Il mio consiglio? Quest’estate andate in Sicilia, in quella degli anni ’30, quella di Raffaele Di Mauro.
RAFFAELLO DI MAURO
Nato a New York, vive alle falde dell’Etna. Autore di saggi sull’architettura rurale, sul restauro monumentale e sui centri storici minori, ha pubblicato diversi articoli su riviste scientifiche e d’arte.
Finalista ai premi letterari Giuseppe Gioacchino Belli, Città di Castello, Premio Teramo.
Ha ricevuto la segnalazione del Comitato di lettura del premio Calvino e la menzione di merito al premio 21racconti.