Trama: “Le Dee del miele” è una storia, ispirata alla realtà, che si snoda attraverso tutto il Novecento, ambientata in una Sardegna intrisa di mito e memoria. In tale contesto, in cui si fonde un universo parallelo di spiriti, fate e demoni, spetta al mondo muliebre vegliare sulla vita e sulla morte. Le protagoniste sono, infatti, quattro donne: Caterina e Lisetta, fanciulle che non si conoscono, ma che diverranno consuocere; Marianna, figlia adottiva di Lisetta; e Eva, figlia di Marianna. Sono creature diverse fra loro, per ceto sociale e vissuto, ma legate dai fili del destino fino a divenire parte l’una dell’altra, tramite un cordone ombelicale di sangue, luna, farina, miele, mistero, esoterismo e agnizioni. Sarà Eva a riannodare il filo rosso di mestruazioni, parti e aborti delle sue antenate e a scoprire il vero segreto del “dono” di famiglia. Questa è, dunque, una storia di Donne. Donne madri, forti come Dee, capaci di rinascere dopo infinite eclissi. Donne mamme, lune piene, dolci come miele. Dee del miele.
Milena Edizioni / Officina Milena
Recensione: Una meravigliosa storia di donne, quattro, le cui vite apparentemente slegate, son unite dal filo della parentela. Quattro meravigliose protagoniste, alle quali ne aggiungerei una quinta, sempre donna, sempre femmina: la Sardegna. In queste vicende, grazie al potente stile di narrazione che contraddistingue Emma Fenu, si captano gli odori e sapori di una meravigliosa terra, penetranti e dolci; si riscoprono arcaici rituali e vecchie credenze che l’era moderna ha impolverato. Con le Dee si vive attraversando il secolo scorso, si entra in case modeste ed in palazzi nobiliari condotti dall’ amore come guida, si vive di famiglia in famiglia, in ogni ogni stanza, in un angolo, c’è sempre la presenza della morte.
Una scrittura vera, appassionante e multisensoriale (riuscivo a percepire gli odori ed i sapori) che mi hanno ricordato le storie di Simonetta Agnello Hornby e di Isabel Allende: non è da tutti saper raccontare di donne, di famiglia, di veracità, di folklore senza scadere nel banale. Sensazioni, le mie, avvertite già nelle primissime pagine, per poi avere la sorpresa di leggere una citazione tratta da “La casa degli spiriti” nel quarto capitolo.
Caterina, Lisetta, Marianna ed Eva mi hanno fatto conoscere le Janas, fate del focolare; mi hanno ricordato mia nonna che con il suo rituale, un po’ diverso da quello sardo, scopriva se una persona aveva il “malocchio”; mi hanno mostrato il loro sangue, simbolo di fertilità e dolore.
Storie che prendono spunto dal passato dell’autrice, comunicano emozioni, un omaggio alle generazioni passate e presenti, a tutte le donne, alla Sardegna.
Un libro sublime.
Emma Fenu
Nasce e cresce respirando il mare di Alghero. Dopo un soggiorno in Medio Oriente, si trasferisce in Danimarca, dove abita tuttora. Ogni pochi anni, per esigenze lavorative cambia nazione o continente. È laureata in Lettere e Filosofia e ha all’attivo un Dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali. Si occupa di Storia delle Donne e di Letteratura e di Iconografia di genere; recensisce libri e intervista scrittori; è presidente e fondatrice di “Cultura al Femminile”, associazione culturale con rispettivi gruppo Facebook e portale web; tiene corsi di scrittura creativa e seminari; organizza convegni, conferenze, laboratori e spettacoli in tutta Italia e non solo; pubblica romanzi, saggi, racconti e fiabe.
Ha pubblicato il romanzo-inchiesta “Vite di Madri. Storie di ordinaria anormalità”, la silloge di poesie e racconti “Sangue e miele”, la fiaba contro i pregiudizi sessisti “Il segreto delle principesse”, la silloge di filastrocche “È da una fiaba che tutti arriviamo”, la saga familiare ambientata in Sardegna “Le dee del miele”, il saggio su Maria Maddalena “Nero rosso di donna. L’ambiguità della femminilità”, la fiaba contro il bullismo “La bambina misteriosa” e, nel 2020, il romanzo storico “Le spose della Luna”.
INTERVISTA
Fondatrice di “Cultura al femminile”, ci racconti di questo progetto.
Buongiorno Cristiana, grazie per l’accoglienza.
“Cultura e Letteratura al Femminile”nacque come gruppo Facebookin un nevoso 22 dicembre del 2014, mentre ero immersa nella suggestiva atmosfera natalizia che contraddistingue i paesi scandinavi. Appena espatriata in Danimarca, dopo un’esperienza in Medio Oriente, cercavo ponti di comunicazione e di incontroin cui far confluire la mia passione per la letteratura e la storia delle donne.
Da allora il progetto è diventato corale, grazie al supporto di una meravigliosa redazione e di utenti ricettivi: dopo il gruppo Facebook è stato aperto il portale web “Cultura al Femminile”,che raccoglie recensioni e articoli, ed è stata fondata l’omonima associazione culturale. Quest’ultima si propone l’analisi delle conoscenze legate al mondo dell’editoria e delle arti, con particolare attenzione alla letteratura, al teatro, al cinema e alla musica; la promozione della parità di genere; l’organizzazione di eventi, conferenze, convegni, spettacoli e laboratori.
“Le Dee del Miele”, una celebrazione della femminilità. Com’è nato il suo libro?
Non ci avevo fatto caso prima che le due domande mi fossero poste in sequenza: anche il mio romanzo “Le dee del miele” nacque in dicembre, come “Cultura al Femminile”, mentre osservavo, attraverso i vetri appannati, la neve scendere sui tetti spioventi di Copenhagen.
Con la scrittura volevo tornare a “casa”, intendendo con tale termine sia la Sardegna sia l’utero della mia storia che inizia ben prima che io venissi alla luce, nella memoria e nel racconto delle donne della mia famiglia, donne vere, fatte di granito e miele, e ventri accoglienti di dee.
Caterina, Lisetta, Marianna ed Eva. Quattro donne, simbolo dell’essere femmina senza la spettacolarizzazione e il patetismo che molte donne oggi esibiscono. A quale è legata maggiormente?
Trattandosi di un romanzo d’ispirazione autobiografica, l’istintiva identificazione è con Eva, il mio alter ego, ossia la bambina figlia di Marianna e nipote di Caterina e Lisetta. Eppure, citando “Latte nero” di Elif Shafak, tutte queste figure femminili sono le mie “pollicine”, ossia le varie parti di me che, nel loro contrasto e nella loro osmosi, mi rendono autentica.
Lei vive a Copenhagen, che differenze ci sono tra le donne danesi e le italiane?
Ho vissuto a Copenhagen fino ad ottobre. Oggi vivo in un piccolo centro a 100 km più a sud: Vordingborg. Le donne danesi devono confrontarsi meno, rispetto alle italiane, con falsi modelli e stereotipi derivati da un forte retaggio patriarcale. Di minore portata è la disparità nei salari a parità di ruolo, mentre la maternità è tutelata dallo Stato e agevolata con una buona ripartizione del peso della gestione familiare. Tuttavia, non è, purtroppo, un paese perfetto: la questione di genere e la violenza sono problemi da affrontare e risolvere.
Quanto le manca la sua Sardegna?
Sono espatriata da circa dieci anni, non era nei miei programmi di studentessa e dottoranda, ma la vita ha scelto bene per me. Sono felice di mettermi in gioco, di reinventarmi ciclicamente dal punto di vista personale e professionale, di conoscere culture diverse dalla mia, di sperimentare il viaggio come modus vivendi. La Sardegna mi manca, eppure, essendo io stessa un’Isola, sono fatta di vento indomito, onde spumose e rocce preistoriche, e sono bisognosa di ponti levatoi e orizzonti infiniti, di solitudine e connessione.
Progetti per il futuro?
Moltissimi, a breve e lunga scadenza. Vivo, e scrivo, con passione.