Nel Casertano ci sono innumerevoli locali dalla buona nomea e dalle discrete recensioni, che vere o presunte, riescono a riempire i locali e sopratutto a mettere in lunghe attese file di attendenti, che intrepidi accettano anche per diverse “mezz’ore” di aspettare fuori al freddo di questo ottobre, un proprio posto al tavolo.
Noi no, che al risuono di “ci vuole un ora e mezza di attesa” siamo scappati a gambe levate. Non diremo chi è la fortunata pizzeria che godeva di tanta contesa ma piuttosto parleremo del ripiego postumo, che si sa, quando cambi programmi e itinerari causa “fila” ti rode l’animo e poi si insinua la paura del “e mò che ci aspetta”?
Motivati come pionieri del far west e affamati come lupi tra i monti rumeni, ci lasciamo trasportare dal cuore e dallo stomaco, e si approda in una piazzetta (piazza Matteotti) con ampio parcheggio a pagamento e lì, in uno spiazzale, c’è la pizzeria “La Loggetta” che si erge con tutto il suo tendame di plastica a copertura degli spazi esterni double-face estate-inverno.
Una location senza infamia e senza lode, una mistura tra baita di montagna, mensa e casa della zia Titina, questa pizzeria lavora con la formula più semplice possibile: tovaglie di carta tovaglioli di carta e coltelli che tagliano, insomma, proprio come a casa di zia Titina che riceve ospiti. Ma non ci ferma nulla, la fame è tanta e sorvoliamo sul cattivo odore di plastica incendiata che c’è in sala e dall’aspetto fumè che aleggia tutto intorno, noi coraggiosi ordiniamo bruschette crocchè zeppoline e patatine, il beverage (in bicchieri di carta stile Mc Donald) e le pizze agognate. Segno della croce per scaramanzia e attendiamo i nostri piatti chiacchierando e ridendo. Nulla da dire sul servizio, in fondo a zia Titina non gli rimprovereresti mai niente, e comunque in un giorno feriale e quattro gatti in sala, non si può davvero toppare. dopo un poco i nostri piatti arrivano caldi e fumanti. il crocchè fatto da loro era discreto, insomma, oggi un buon crocchè fatto a mano è diventato raro, ma questo, quanto meno aveva il punto a favore di essere “buono da mangiare”, mentre le zeppoline un po troppo intrise di unto, avevano quel buon gusto di pasta cresciuta come appunto fà la nostra amata zia, e mentre mangio, inforchettare le patatine by china fa decadere quel senso di casa fin’ora avvertito.
Arrivano le nostre pizze: io un calzone ricotta salame e mozzarella e i miei compari di merenda una pizza caprese una siciliana e un ortolana. L’aspetto sofficioso non si avverte a occhio nudo, e io comincio a pungolare il mio calzone ripieno come un corpo riverso per terra per valutarne la morte. Bhè, al taglio il mio calzone riversa gagliardo il suo ripieno perfettamente morbido e profumato. La ricotta è deliziosa e anche non fosse quella di prima scelta, si avverte un ottimo prodotto caseario. il salame tagliato troppo sottile quindi rinsecchito dal calore dell’infornata aveva scaricato ogni sapore nella ricotta lasciandolo poi nudo e poco presente, ma vederla una critica sarebbe infelice, in quanto meglio un gusto presente ma moderato che una presenza invadente, e il salame prevale sempre e comunque…tranne in questo caso. Le pizze dei miei commensali erano riccamente abbondanti di mozzarella (very good!!) e anche se non le ho assaggiate sembravano buone ma non voglio parlare di ciò che non ho assaggiato, piuttosto parlerò della pizza caprese al mio fianco che a vederla era brillante con i suoi ciliegini conditi con olio e origano, le sue fette di buona mozzarella e tanto basilico, ne assaggio un pò devo ammettere che quasi volevo proporre un change, ma ritorno a occuparmi del mio calzone.
Lo ammetto: Buono! Non avessi mangiato altro prima della pizza avrei finito tutto il calzone, e tutti sappiamo quanto sia impossibile questa impresa per una donna. Morso dopo morso, mi piaceva ogni cosa, e il senso di pienezza è stato un dolce stop senza accusare pesantezza, e le sensazioni del palato non erano ne stucchevoli o impastate da tanto cacio tutto insieme. Insomma voto al mio calzone “8”, con la remora del “potresti essere di più” magari con un impasto ancora più morbido. Paghiamo, e il conto è equo e democratico.
Io da brava critica voglio la prova del nove; e se domani mattina mi sveglio con la bocca con arsuria e secchezza e gonfiore di occhi, questa pizza la boccio!! Ma niente; superata a pieni voti la prova finale, quella del “giorno dopo” dove io accuso tutte le pene da mala alimentazione da uso improprio di lieviti e prodotti da sotto discount.
Insomma che dire, poteva andarci male, e invece è andata bene! la serata è stata stupenda, buoni gli amici e anche la nostra pizza. Insomma; grazie zia Titina….pardon: PIZZERIA LA LOGGETTA!!