Come gli appassionati di videogiochi sapranno, lo scorso weekend (dal 5 al 7 di ottobre) si è tenuta una delle fiere più importanti per ciò che riguarda il mondo dei videogiochi in Italia, se non la più importante. A differenza, però, delle fiere di cui ho anche parlato durante i mesi passati (il Tokyo Game Show e, soprattutto, l’E3) la Games Week non si presenta come la classica fiera che punta soprattutto all’annuncio di nuovi titoli o alla mostra di nuovi contenuti di giochi annunciati; o, almeno, non si “limita” a questo. Da un po’ di anni a questa parte, infatti, molte fiere stanno puntando molto di più al far provare in anteprima i giochi a più persone possibili; perché se è vero che, anche in passato, le fiere facevano provare i giochi, è anche, e soprattutto, vero che un tempo questo si limitava ai giornalisti “di professione”. Chiaramente, però, con la supremazia di internet sono nati tutti una serie di nuovi lavori legati al mondo della diffusione di notizie. Questi nuovi “impieghi” (youtuber, aumento all’ennesima potenza di testate giornalistiche, etc.) hanno causato anche un grosso mutamento in questi eventi che hanno come primario obiettivo la diffusione dei nuovi prodotti. Ovviamente questo discorso non si limita alla Milan Games Week, ma è decisamente più ampio.
Questo “effetto Milan Games Week” di cui parlo nasce soprattutto, come ho già anticipato, dall’esponenziale espansione del mercato videoludico e di chi ce ne parla: solo citando la categoria “Youtubers” direi che colgo abbastanza nel segno. Chi “lavora” (metto le virgolette perché la situazione di chi guadagna con YouTube non è proprio chiarissima negli ultimi mesi) grazie a YouTube ha portato un notevole aumento di pubblico, e conseguentemente di importanza, a pressapoco tutti gli ambiti. Nello specifico del gaming, basti pensare ai primi youtuber che facevano gameplay sulla piattaforma; erano praticamente tutti dei giocatori dalla spiccata bravura nei giochi che giocavano, ed i video erano sostanzialmente dei tutorial in cui gli autori mostravano le proprie abilità. Ecco, quegli youtuber non avevano grandissimo pubblico (anche perché lo sviluppo della piattaforma non era che agli inizi) però sono quelli che hanno fatto partire la macchina. Da lì in poi il gaming su YouTube è cresciuto sempre di più, anche in modo opposto a come era nato, visto che si notò che faceva più visualizzazione chi non sapeva giocare ad un videogioco (tutti i vari “soulslike” hanno sbancato anche grazie a questo) piuttosto che se egli non fosse effettivamente stato un fenomeno.
Il grande effetto che è scaturito da questo sviluppo di YouTube (e anche dalla moltiplicazione dei giornalisti grazie ad internet) è stato che diventasse più importante come gli “influencer” (parola chiave dell’ultimo decennio) parlassero del gioco in questione invece che quel gioco fosse effettivamente valido.
Non sto assolutamente dicendo che questo faccia del male al mercato, anzi; sto solo notando, e cercando di far notare a chi mi legge, come manifestazioni quale la Milan Games Week (ma anche il Comicon di Napoli, in parte, il Lucca Comics, ma anche tante altre) si siano trasformate in delle sale giochi ingigantite, che puntano al far giocare più gente possibile, cosicché più gente possibile possa parlare (e far parlare) dei giochi che si stanno pubblicizzando. E ripeto, non è necessariamente un male; di fatto però questo fenomeno rispecchia un po’ il mondo in cui viviamo, in cui ci piace di più quello di cui si parla bene piuttosto che quello che effettivamente ci piace.